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Tra ricordi e nostalgia, a Vibo un’altra Pasqua senza l’Affruntata

Anche quest’anno le norme anti-Covid hanno impedito lo svolgimento della sacra rappresentazione. Ecco la descrizione del rito nelle parole di un cronista degli anni ‘50

Tra ricordi e nostalgia, a Vibo un’altra Pasqua senza l’Affruntata

Anche quest’anno non sarà possibile vivere il sussulto di commozione che si provava quando cadeva il velo nero. Le misure anti-Covid impediscono ancora una volta lo svolgimento della tradizionale manifestazione dell’Affruntata, un rito a metà strada tra religione e spettacolo, che affonda le sue radici in un tempo fuori dalla memoria. Ci fu anche un periodo in cui le autorità ecclesiastiche osteggiarono, un po’ dappertutto anche se in maniera blanda, questa rappresentazione, perché lo svolgimento non rispecchiava quanto si trova scritto nei vangeli canonici.

Soprattutto la corsa della Madonna faceva storcere il naso a preti e vescovi in quanto l’episodio non trova riscontro nei testi sacri, che forse non furono elaborati con assoluta fedeltà in quanto la rappresentazione pubblica richiedeva anche un adattamento alle esigenze di una certa teatralità. In seguito l’ostilità della Chiesa verso questa manifestazione di pietà popolare si attenuò fino a scomparire del tutto e questo rito riveste ormai un’importante funzione sociale, culturale e religiosa assumendo una valenza identitaria per l’intera comunità cittadina.

Fra tutte le “Affruntate” che si svolgono in Calabria e in altre parti del Meridione, quella di Vibo Valentia è forse la più nota ed articolata e rappresenta il momento più atteso, da fedeli e non, dell’intero periodo pasquale. Per riviverlo è possibile prendere visione dei tanti reportage fotografici o trovare con facilità i numerosi video esistenti su YouTube. Ma a volte le parole scritte hanno una potenza icastica ancora più grande delle immagini, in quanto riescono a toccare le corde dei sentimenti di chi le legge. Non resta, quindi, che affidarsi alla vivida descrizione dell’avvenimento fatta da un cronista di tanti decenni addietro, un amarcord che forse potrà servire a far rivivere l’atmosfera ricca di pathos che si respirava la mattina di Pasqua, a Vibo, intorno a mezzogiorno. Tutta la rappresentazione dell’Affruntata, come è noto, si svolge senza parole, motivo per cui la descrizione dell’avvenimento fatta dal cronista, come un commento televisivo, serve a far comprendere meglio i vari passaggi del rito.

«Le statue del Cristo Risorto, quella della Madonna, dal cui capo scende un velo nero che la ricopre fino ai piedi, e quella di San Giovanni, portate a spalla da gruppi di fedeli, escono, al suono della marcia funebre, dalla chiesa del Rosario e prendono direzioni diverse: il Cristo è portato per via Terravecchia inferiore e rimane fermo alla fine di essa, mentre la Madonna sosta alla fine di via Razza; San Giovanni passa per corso Umberto I, imbocca corso Vittorio Emanuele e lo percorre per tre volte avanti e indietro, a passo affrettato e premuroso, come se fosse alla ricerca di qualcuno; ridiscende di nuovo e scorge alfine Cristo. Di corsa va nel punto in cui è la Madonna e le si piega davanti, quasi a comunicarle d’aver visto Gesù. Maria, che ignora la resurrezione del figlio, lo segue non senza incertezze. Nel frattempo anche Gesù s’è avviato; l’incontro avviene davanti la chiesa delle Clarisse. Maria, alla vista del figlio, sorpresa e incredula, avanza e indietreggia per tre volte, poi ha un sussulto di gioia e gli va decisamente incontro. A quel punto le si fa cadere il velo nero dalla testa e Lei appare tutta vestita di bianco e di azzurro. Esplosione di mortaretti, colombe che s’alzano in volo, la banda intona la marcia trionfale. Il Cristo si colloca fra Maria e San Giovanni ed ha inizio la processione. Per inciso: da come Maria viene “svelata”, cioè dalla facilità o meno con cui il velo nero viene fatto cadere dal suo capo e dalle sue vesti, si traggono presagi ed auspici».

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