Serra San Bruno, l’incubo della famiglia Andreacchi: vivere sotto un tetto che rischia di venire giù
La condizione di grave disagio per cui soffre la famiglia del «gigante bambino» ucciso nel 2009. C’è l’impegno del commissario dell’Aterp, ma ancora non basta
L’hanno attesa a lungo, quella casa. Abbastanza spaziosa, finalmente, per accogliere tutta la loro famiglia. Anche se era al quinto piano – raccontano Salvatore e Maria Rosa – che importava? Meglio fare cento e tre gradini per salire e poi scendere, senza ascensore, tutti i giorni, che stare in un buco fatiscente. Il sogno, coronato sei anni fa, è divenuto presto un incubo, peggiore da quello dal quale erano usciti. «Quando siamo arrivati – spiega Maria Rosa – sembrava tutto normale. Dopo qualche giorno abbiamo notato una piccola infiltrazione d’acqua dal soffitto. Abbiamo avvisato ed è arrivata una squadra di persone che hanno messo una toppa. Qualche giorno ancora ed il tetto, tutto il tetto, ha iniziato a marcire, fino a diventare quello che vedete oggi».
La famiglia del gigante bambino
Siamo a Serra San Bruno, numero 2 di via Giovanni Falcone, quinto piano. Qui abita la famiglia di Pasquale Andreacchi, il «gigante bambino» che nell’ottobre del 2009 fu vittima di un brutale omicidio rimasto impunito. Diciott’anni, doveva saldare il prezzo per l’acquisto di un cavallo attraverso un premio assicurativo che non giunse in tempo. Alto due metri, fu fatto inginocchiare. Quindi ucciso con un colpo di pistola alla testa. Il suo corpo fu poi abbandonato nei boschi e gli animali selvatici ne fecero scempio. Una parte dei suoi resti fu poi raccolta e lasciata macabramente in un cassonetto dell’immondizia dove fu poi ritrovata. Nessuno pagò mai per quell’atroce crimine.
Cose dell’orrore
Quell’appartamento in via Falcone parla di lui. Ci sono foto di Pasquale un po’ in tutte le stanze. Maria Rosa le tiene linde, ma quando hai il tetto che ti viene giù, marcio a causa delle infiltrazioni, coi calcinacci che pendono e cadono e i mattoni che si sbriciolano, fare le pulizie è complicato. Salvatore, suo marito, ci porta subito nell’unica stanza della casa che tengono serrata. «È la più pericolosa. Vedi questo divano? Qui non ci siamo mai seduti. E vedi questa vetrina? Non l’abbiamo mai aperta. Come possiamo stare qui dentro?», dice. Ed in effetti il soffitto sembra quello di una casa dell’orrore. Ma c’è di peggio: il balcone. Infissi a parte (di quelli che, se non presti cautela quando li apri, ti restano in mano), è la ringhiera che va venire i brividi. Salvatore richiama la nostra attenzione: «Guarda…». Un tocco e vibra tutto. Vibra perfino il pavimento. «Dobbiamo tenere sempre chiuso – avverte Salvatore – abbiamo paura che se i bambini vengono qui possa succedere l’irreparabile». Non sia mai un terremoto, anche se – di questo passo – pure il solo incedere del tempo potrebbe sortire lo stesso effetto di un sisma.
Un secchio nel camino
Nella casa degli Andreacchi, per alcune situazioni ci sarebbe da ridere se non ci fosse davvero da piangere. «Teniamo un secchio nel caminetto – spiega Salvatore – e quando piove dobbiamo svuotarlo di continuo per evitare che la casa si allaghi». Anche accanto al termocamino c’è un secchio. Il termocamino è acceso e dal tetto piove, a volte anche quando c’è il sole. Salvatore e Maria Rosa sono esasperati. Vivono in questo appartamento da sei anni. È un condominio e l’Aterp, a suo tempo, acquistò l’interno al quinto piano. Quindi lo assegnò in affitto agli Andreacchi, che avevano bisogno di una casa. Chi deve riparare quel tetto?
L’impegno del commissario
Chiamiamo il commissario regionale dell’Aterp Paolo Petrolo, che il caso dimostra di conoscerlo bene. «L’Aterp – spiega – da sola non può farlo. Deve farlo ripartendo la spesa con il condominio, se ci sostituissimo al condominio dovremmo risponderne alla Corte dei Conti. In tal senso abbiamo già sollecitato l’amministratore…». Già, l’amministratore che – dicono Salvatore e Maria Rosa – da un anno è sparito, pare che se ne sia proprio andato. «Ma un amministratore di condominio non è che se ne può andare così, serve un passaggio formale che non ci risulta sia stato fatto – continua il commissario Petrolo – e finché questo non avviene è ancora quell’amministratore, per forza, a termini di legge, il nostro interlocutore».
Il caso in Tribunale
E allora, come se ne esce? Due strade. La prima l’Aterp regionale – fa sapere il commissario – da tempo ha avviato le azioni necessarie per un’azione legale. Nei prossimi giorni sarà depositata apposita istanza i Tribunale. Ma così facendo, quanto ancora dovranno aspettare gli Andreacchi? «La procedura sarà d’urgenza, anche perché – spiega Paolo Petrolo – la situazione è urgente. Qualche mese e si deve risolvere per forza la problematica condominiale».
Un’altra casa?
C’è però una soluzione alternativa. Trasferire in un altro alloggio, certamente più idoneo, questa famiglia. Uno, a Serra San Bruno, ci sarebbe. È in via Aldo Moro, chiuso e abbandonato anche se formalmente occupato da una famiglia che non avrebbe diritto. «Abbiamo già trasmesso – spiega il commissario dell’Aterp – una comunicazione al sindaco, affinché firmi, perché è una competenza che la legge regionale riconosce alla sua figura, l’ordinanza di decadenza degli assegnatari. Se il sindaco firma e la Commissione cambio alloggi darà il suo assenso, il problema potrebbe risolversi presto». E allora non resta che confidare nella sensibilità del neo sindaco di Serra San Bruno Alfredo Barillari, che con una sana interistituzionale può contribuire a risolvere il problema di questa famiglia. Noi continueremo a seguire la vicenda.