Focus su Natuzza Evolo, la mistica ponte tra la Terra e il Cielo
La seconda parte dell’inchiesta svolta nel ’48 da “L’Europeo” focalizza l’attenzione sui suoi colloqui con i morti, i santi, Gesù e la Madonna.
È ormai acclarato che tra i carismi di Natuzza Evolo vi era anche la capacità di vedere e parlare con i morti, i santi, la Vergine Maria e Gesù Cristo. Senza dubbio uno dei “doni” più interessanti e studiati della straordinaria vita della Serva di Dio di Paravati, che la mistica, tra l’altro, da “umile verme di terra” ha sin dagli anni trenta messo a disposizione della gente, nell’ambito della missione tesa a dare sollievo e conforto ai sofferenti. E, così, già a quell’epoca la sua casa era quasi ogni sera affollata di visitatori, «non soltanto gente incolta, ma medici, monsignori, avvocati, signore venute da lontano, con molte pezzuole di tela di lino stipate nelle borsette». Una testimonianza preziosa di quel che accadeva in quei frangenti ci viene data da alcuni stralci dell’inchiesta in due puntate svolta nel ’48 su Natuzza dal giornalista de “L’Europeo” Tommaso Besozzi, di cui Il Vibonese ha già raccontato con dovizia di particolari nei giorni scorsi. L’accurata indagine ci consente di ritornare indietro nel tempo e di “entrare” quasi in casa della mistica calabrese.
Natuzza: tramite con l’Aldilà
«Tra le 19.30 e le 21.30, dunque – si racconta – può accadere questo: Natuzza sta conversando con gli ospiti (ed è quasi sempre allegra, talvolta arguta); a un tratto cade in trance e rovescia il capo all’indietro o si appoggia al riparo di ferro del braciere. Quell’abbandono dura pochi secondi. Si risolleva. Guarda attorno, e i suoi occhi si fermano a fissare proprio gli angoli dove non c’è nessuno. La sua coscienza si sdoppia; comincia a parlare con due voci; una è la sua, sempre uguale; l’altra è, di volta in volta, la voce di un bimbo, o di una donna, o di un uomo; è la voce, insomma, del morto che risponde alle sue domande o alle domande degli altri. Per prima cosa le anime si preoccupano di rassicurare i presenti: esse non sono lì per fare del male ad alcuno ma, al contrario, per aiutare i vivi. Spesso hanno cominciato così: “Noi parliamo col permesso di Dio, e finché lo permetterà“. Tra le persone che, in quei momenti, sedevano attorno al braciere nella camera di Natuzza, la percentuale di increduli era nell’ordine di 1 su 20. Nella schiera di quelli che non credevano era da annoverare il medico condotto di Paravati Domenico Valente.
Il figlio del medico condotto
Qualcosa, però, da lì a breve gli avrebbe fatto cambiare idea. Una sera, infatti, uno dei suoi figli, morto tragicamente all’età di 17 anni, parlò con lui tramite la bocca della mistica e il padre ne riconobbe la voce (Natuzza, da vivo, non l’aveva mai visto). Proferì, in particolare, di episodi che erano realmente accaduti nella famiglia e in casa del dottore. Assieme all’anima del giovane Valente, vi era quella di un suo compagno nell’aldilà. «A un tratto – si legge – la conversazione con i vivi si interruppe. Si udirono le due anime (due voci maschili diverse che uscivano dalla bocca di Natuzza) parlare l’una all’altra, con accento di emozione. “Eccolo”, diceva uno. “Viene verso di noi”. “Che facciamo?” chiedeva all’altro. “Dobbiamo restare?”. “In mezzo ai fiori…” diceva il primo; ma le parole che seguirono non furono raccolte, perché dalla bocca di Natuzza usciva una musica dolcissima, un coro di angeli. Poi si udì una voce che nessuno dei presenti riuscì in seguito a definire, tanto sembrò diversa da quella dei vivi e da quella dei morti. “Sii buono”, disse, “e sarai salvo”. Ancora una musica, che si andò spegnendo, come se si allontanasse. Una pausa; infine la voce del giovane Valente: “Babbo, babbo: Gesù ti ha voluto parlare”». Tra i dialoghi inseriti nell’inchiesta, anche quello che – sempre tramite Natuzza – l’anima di Pasquale Murmura, il giovane poeta calabrese che fu caro a Gabriele D’Annunzio, ebbe con la cognata «e la cognata lo riconobbe». Di particolare interesse, in questo ambito, è anche il racconto della sera in cui alla mistica si presentò un “turco” che iniziò a parlare nella sua lingua. «Era naturalmente Natuzza – si precisa sul periodico – che emetteva quella serie di incomprensibili suoni. Restarono tutti allibiti. Natuzza parve più sbalordita degli altri: “Che dice? Che dice? Chiese con la sua voce normale. Un altro morto (o un angelo?) fece da interprete e così si apprese che il “turco”, non avendo alcuno in terra che pregasse per lui, si rivolgeva al buon cuore dei presenti. La sera seguente apparve ancora nel suo angolo, e ringraziò».
“Ci sono più madri in Cielo che non zitelle”
Infine, la dettagliata illustrazione sul modo in cui Natuzza vedeva le anime dei morti. Se sono al Purgatorio «hanno l’aspetto di persone vive e poggiano coi piedi sul pavimento»; se invece sono in Paradiso «le appaiono sollevate due palmi da terra; la luce che emana da esse impedisce di distinguere bene i particolari delle loro figure; però è certo che hanno bellissime vesti: bianche e turchine». Dei dannati, invece, «Natuzza sente solo le voci. Essi, per presentarsi a lei – spiega Besozzi – debbono avere una licenza. Talvolta la presenza di un’anima dell’Inferno provoca il panico tra i bambini morti. Allora si può sentire sempre dalla bocca di Natuzza questo dialogo. Anima del bambino: “Ho paura, ho paura. Andatevene!”. Angelo: “Ma che ti fanno? Poveretti: non possono più farti del male!”. Tuttavia è raro che Natuzza veda dei bambini molto piccoli, perché quelli che muoiono nella prima infanzia seguitano a crescere in Paradiso, fino all’età di 7 anni e restano così per l’eternità. Chi muore giovane, ma non più bambino, cresce fino all’età di 33 anni. Gli altri restano con l’età che avevano; ma Natuzza, anche i decrepiti, li vede freschi, dritti, floridi. In diverse occasioni ha visto anche la Vergine – conclude – e una volta le ha parlato. Fu nel febbraio del ’44, Natuzza stava per sposarsi e volle chiedere se le fosse lecito. La Madonna la rassicurò, sorridendo. Disse: “Ci sono più padri e madri di famiglia in Cielo, che non zitelle».