Soumaila Sacko ricordato a San Calogero: «La lotta degli invisibili prosegue nel suo nome» – Video
Iniziativa dell’Usb a due anni dall’uccisione del bracciante e attivista sindacale. Aboubakar Soumahoro: «Da allora niente è cambiato nei ghetti delle campagne»
«Soumaila non è morto perché raccoglieva lamiere, ma è morto perché era un nero che raccoglieva lamiere». A due anni dall’omicidio di Soumaila Sacko, brucia ancora – tra la commozione e la rabbia – l’epitaffio che il sindacalista Peppe Marra sintetizza nel punto esatto dove il migrante e attivista del sindacato Usb trovò la morte. Nel luogo doppiamente maledetto che gli fece da tomba, la fornace di San Calogero che stipava e stipa rifiuti pericolosi, la commemorazione del maliano che viveva nella baraccopoli di San Ferdinando è stata l’occasione – nel giorno della Festa della Repubblica – per rinnovare una forte richiesta di giustizia.
«La risposta abitativa – ha detto Aboubakar Soumahoro – a due anni da quella morte, e a 10 anni dalla rivolta di Rosarno, prevede ancora ghetti e tendopoli di Stato». Toccante la deposizione, sul punto dove Sacko venne attinto da una fucilata – per la quale sta rispondendo nel processo in corso, Antonio Pontoriero – di un mazzo di fiori che ha moltiplicato riflessione e preghiera. Il leader dei braccianti Usb, un familiare della vittima e un superstite di quella sparatoria, si sono mossi nel sito tuttora sequestrato, a voler significare anche una simbolica presa di possesso, da parte della rete antirazzista, di un luogo da incubo. [Continua]
Sono arrivati da Cosenza, ma ci sono anche esponenti vibonese di Libera, c’è l’assessore Luca Gaetano di San Ferdinando, nella cui baraccopoli l’operaio maliano viveva. Ad amplificare la richiesta di giustizia, sono arrivati anche gli attivisti del Comitato che si batte per dare le case ai migranti – Enzo Infantino e Nino Quaranta – ma anche simboli della resistenza di Riace come la leader calabrese delle Sardine, Jasmine Cristallo.
Il sindacato Usb rimane critico verso la regolarizzazione a tempo varata dal governo durante la pandemia. «Questa emergenza sanitaria – ha concluso Soumahoro – ci ha insegnato che lo Stato sa curare le persone al di là del colore della pelle. La stessa cosa non fa con i lavoratori che potevano essere destinatari di un permesso per emergenza sanitaria, che gli avrebbe dato diritto anche ad un permesso di lavoro stabile. Siamo davanti ad un governo che soffre di cecità politica, per questo stiamo organizzando una manifestazione a Roma con cui gli invisibili delle campagne porteranno al premier Conte i loro stivali sporchi di fango».