Vibo ricorda Bachelet: «Massima espressione delle istituzioni» – Video
Il procuratore Camillo Falvo: «Solo i giovani ci possono salvare, importante far capire loro il sacrificio di un uomo come il professore Bachelet»
Otto colpi di pistola spensero la vita di un simbolo, 40 anni fa, alla Sapienza di Roma. Vittorio Bachelet, docente universitario, all’epoca vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, fu tra le tante vittime delle Brigate Rosse. A quarant’anni da quel delitto la figura di una delle espressioni più alte delle istituzioni viene ricordata in tutta Italia. A Vibo Valentia lo hanno voluto fare gli uomini della giustizia proprio nel palazzo di giustizia, dal procuratore Camillo Falvo al presidente del Tribunale Antonio Di Matteo, dal prefetto Francesco Zito al sindaco Maria Limardo, che hanno accolto gli studenti – guidati dalla responsabile regionale delle Consulte Franca Falduto – per lanciare un messaggio.
Di Matteo, in apertura, ha ricordato la cronaca del tempo: Bachelet che finita la lezione si allontanò dall’aula insieme alla sua assistente, la futura parlamentare Rosy Bindi; l’arrivo dei due terroristi, Annalaura Braghetti e Bruno Seghetti, con la donna che gli poggiò una mano sulla spalla, lo fece voltare e lo colpì con quattro proiettili all’addome; Seghetti sopraggiunse e lo finì. Il sindaco Limardo, riprendendo una delle frasi di Bachelet, ha affermato la necessità, da politico, di dover essere ottimista: «Anche in una terra difficile come la nostra non ci si può arrendere». [Continua dopo la pubblicità]
«Abbiamo aderito all’iniziativa, in partenariato tra Csm e ministero dell’Istruzione – ha sottolineato Falvo – per fare vedere ai giovani come si lavora negli uffici giudiziari, in questa nuova era in cui la Procura di Vibo si apre alla gente. Quello di oggi – ha rimarcato il procuratore – è un messaggio importante, che ci fa capire quanto fosse difficile essere uomini delle istituzioni nell’epoca in cui sono cadute figure come Vittorio Bachelet. Bisogna ribadire sempre, e noi lo facciamo andando anche nelle scuole, che la legalità deve essere la stella polare, e che solo i giovani ci possono salvare».
Il prefetto di Vibo, quella mattina di quarant’anni fa, si trovava alla Sapienza, da studente. Udì gli spari, che in qualche modo cambiarono la vita sua e quella degli altri. «Quel giorno ero lì a seguire una lezione di Diritto romano col professor Brutti – ha raccontato stamattina -, purtroppo sono stato testimone involontario di quel che è successo. L’omicidio mi ha colpito personalmente, perché per la prima volta quello che avevo visto in tv e letto sui giornali lo vivevo di persona. Una sensazione molto forte. Oggi è importante che il professor Bachelet che venga ricordato come esempio, al pari della sua famiglia, con azioni importanti come la testimonianza del figlio Giovanni. Il sacrificio del professor Bachelet – ha evidenziato Zito – forse a qualcosa è servito, a far capire a tanti terroristi che la strada che avevano intrapreso era una strada senza ritorno».
Una giornata per ricordare, ma anche per far comprendere ai giovani ciò che è stata l’Italia di quegli anni. «L’invito che faccio ai ragazzi – ha affermato Franca Falduto – è di riguardarsi la storia degli anni di piombo: il 1980 si aprì il 6 gennaio con l’omicidio di Piersanti Mattarella e si chiuse il 31 dicembre con l’omicidio di un generale dei carabinieri. È importante che i ragazzi conoscano e studino, per comprendere gli anni del terrorismo, non importa se rosso o nero. Bisogna guardare alla figura di Bachelet come protettore della democrazia, ed ammirare il messaggio del figlio Giovanni: perdonare e non rispondere alla violenza con la violenza».