sabato,Maggio 10 2025

Il Venerdì Santo di Natuzza Evolo, dalle stigmate alla morte apparente: la Passione di Cristo vissuta dalla mistica di Paravati

La Serva di Dio riviveva sul proprio corpo le varie fasi che hanno portato alla crocifissione. Alle 15, ora della morte di Gesù, il suo cuore si fermava per 10 minuti

Il Venerdì Santo di Natuzza Evolo, dalle stigmate alla morte apparente: la Passione di Cristo vissuta dalla mistica di Paravati

Il Venerdì Santo era per Natuzza Evolo il giorno in cui in modo più intenso riviveva la passione di Cristo. Alle 15, ora in cui il crocifisso esala l’ultimo respiro, il cuore della Serva di Dio di Paravati si fermava per una decina di minuti circa, morte apparente confermata dai riscontri medici effettuati in quei momenti. Nei giorni precedenti, gradualmente, sul suo corpo apparivano le stigmate che si sarebbero via via cicatrizzate dopo la Pasqua. Una sofferenza immane, accettata dalla mistica con grande fede e devozione, al fine di accompagnare Gesù lungo la via del Calvario e di contribuire ad alleviare le colpe e le sofferenze dell’umanità, atto di donazione a cui non avrebbe rinunciato nemmeno nei momenti più dolorosi del suo percorso terreno. Il fenomeno è ad oggi inspiegabile anche ai più scettici, come detto testimoniato pure da medici e scienziati che la seguivano mentre tutto ciò accadeva. Tra questi, l’ortopedico Umberto Corapi.

«Aveva le piaghe sui polsi in via di cicatrizzazione – afferma il medico descrivendo uno di quei momenti al professore emerito dell’Unical Valerio Marinelli, autore di oltre dieci volumi dedicati alla Serva di Dio – tranne su un polso che perse una goccia di sangue, goccia che andò a finire su un muro, mentre lei si girò sul letto, e vi formò una croce di sei-sette centimetri. Vidi bene che prima questa croce non c’era, e poi fu formata dalla goccia di sangue uscita dal polso. Sul cuoio capelluto aveva delle lesioni grosse e profonde, gocciolanti sangue, ma non in modo massiccio; dalla tempia le uscì un’altra goccia di sangue la quale, cadendo sul cuscino, disegnò, come se vi fosse stata una penna, a caratteri a stampatello, la frase “Venite ad me omnes”, grande, con lettere di un centimetro e mezzo, due centimetri di altezza; la cosa avvenne molto rapidamente, sotto i miei occhi, ma non mi resi bene conto dell’intervallo temporale del fenomeno, non avevo la minima idea di poterlo osservare.

Le lettere furono scritte in sequenza, una dopo l’altra, ma a velocità superiore del naturale, se qualcuno avesse scritto con una penna quella frase. Sono certissimo di aver osservato questo fenomeno e che la frase non vi era, prima, sulla federa». Nel corso della Settimana Santa, dunque, Natuzza riviveva nella sua interezza le fasi della passione di Cristo. In questo contesto, tuttavia, fa pensare anche la piena rispondenza tra le rivelazioni da lei rilasciate ai propri padri spirituali e quelle via via emerse da scoperte scientifiche e archeologiche, in particolare sulla Sindone. Un tema anch’esso trattato dal professore Marinelli. La mistica, ad esempio, affermava che la corona di spine posta sul capo di Gesù aveva la forma di un casco, ed avvolgeva tutta la testa. E studi hanno appunto evidenziato che guardando la testa dell’uomo impressa sul lenzuolo si nota che essa presenta numerose ferite provocate da un insieme di oggetti appuntiti e che non si trattò di un piccolo cerchio ma di un casco di spine che ne ricoprì l’intera superficie a modo di mitra.

Tra le concomitanze, anche quella dei buchi ai piedi provocati dai chiodi durante la fase della crocifissione. «Natuzza – spiega a tal proposito l’ingegnere nucleare – presentava spesso durante la Quaresima due fori ai piedi, invece di uno, riferendo che a Gesù furono inchiodati per due volte i piedi, non essendo il primo chiodo entrato bene nei piedi accavallati». Un’affermazione suffragata anche dallo studioso torinese della sacra Sindone, Lorenzo Ferri, il quale spiega che, osservandola accuratamente, «si constata che il piede destro è stato inchiodato e schiodato».

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