mercoledì,Marzo 12 2025

Prof universitari e teologi a Paravati per un focus sulla vita di Natuzza: «Nel suo cuore c’era posto per tutti, sia un modello da seguire»

All'incontro hanno preso parte anche il vescovo Attilio Nostro e il presidente della Fondazione Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime che ha ripercorso tutti i suoi incontri con la mistica. «Ha vissuto sempre qui ma è stata un'antenna del mondo»

Prof universitari e teologi a Paravati per un focus sulla vita di Natuzza: «Nel suo cuore c’era posto per tutti, sia un modello da seguire»
Alcuni degli interventi durante l'incontro a Paravati, a destra Natuzza Evolo

Un incontro che, forse per la prima volta, ha permesso di approfondire la figura di Natuzza Evolo nei suoi molteplici aspetti. Dal punto di vista del contesto storico in cui è nata e vissuta, ma anche dei carismi con cui si è ritrovata, suo malgrado, a fare i conti e del modo in cui la sua abnegazione, le sue virtù e la sua obbedienza ai dettami della Chiesa sono emerse nel quotidiano. Al tavolo, valenti studiosi di teologia e alcuni di coloro che, a vario modo, le sono stati accanto in alcuni frangenti della sua vita. Di fronte, una vasta platea di fedeli, giunti in pellegrinaggio anche da fuori provincia. Questi l’aspetto fondamentale e le peculiarità del convegno organizzato sulla Serva di Dio nella chiesa della Villa della Gioia della Fondazione “Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime” di Paravati, un primo step per mettere in luce le eventuali caratteristiche di santità della mistica con le stigmate calabrese, di cui la Chiesa ha aperto qualche anno fa la causa di beatificazione. L’incontro su Natuzza Evolo e il contesto storico-ecclesiale in cui è vissuta è iniziato con i saluti del rettore padre Michele Cordiano – il quale nell’occasione ha evidenziato che la missione della mistica non si è conclusa con la sua morte ma continua ancora oggi – e del vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, monsignor Attilio Nostro, che a sua volta si è soffermato sull’importanza di ripercorrere i passi della Serva di Dio, «la quale ha visto il Cristo e ha accolto la rivelazione del Padre non tenendola per sé ma donandola agli altri, così come testimonia anche questo luogo di accoglienza».

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Il convegno è entrato nel vivo con la relazione del docente di Storia contemporanea dell’Università degli Studi internazionale di Roma, Ulderico Parente. Un intervento di carattere storico, arricchito da alcune considerazioni di carattere generale. Tra queste, la presenza di una documentazione di un certo spessore che, però, va coordinata, organizzata sistematicamente e integrata con altre fonti, anche social. «Chi vuole raccontare la storia di Natuzza – ha spiegato – deve tenere conto di questi fattori. È chiaro, tuttavia, che questa donna sperimenta nella sua vita le due piaghe del periodo in cui è nata: il fenomeno dell’immigrazione e l’analfabetismo. In un primo tempo si ritrova quindi costretta ad andare a servizio in una famiglia di Mileto, dove sperimenta i primi fenomeni. Nella seconda fase dovrà, invece, fare i conti con l’attenzione rivolta alla sua persona per i carismi eccezionali, un fattore che coinvolgerà la Chiesa locale e che la porterà ad essere reclusa temporaneamente in una casa di cura per essere esaminata. Dal tutto emerge la sua capacità di trasformare i disagi non in male, in invidia, ma in dare conforto e nel preoccuparsi per gli altri. Pur essendo rimasta per tutta la sua vita a Paravati – ha aggiunto – è stata un’“antenna del mondo”, capendo cos’erano la guerra e la violenza e ponendo una costante attenzione ai giovani, da madre di 5 figli».

All’intervento di Parente ha fatto seguito la preziosa testimonianza del presidente della Fondazione, don Pasquale Barone, il quale ha ripercorso passo passo gli incontri e le esperienze pastorali avute con Natuzza, dall’arrivo nel 1980 a Paravati, nella veste di parroco, fino al 2009, anno della sua morte. Subito dopo, la relazione del preside della Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridionale, don Francesco Asti. «Tra i passaggi fondamentali per capire la sua santità – ha sottolineato tra l’altro – vi è quello di constatare se è stata veramente obbediente alla Chiesa, al di là dei fenomeni di cui è stata investita. Tra i segni, vi possono essere il suo non attaccamento al denaro, la sua attenzione alle fragilità del territorio e ai bisogni della gente, rimanendo sempre in seconda fila. Oggi più che mai è necessario sistemare i documenti che la riguardano, in modo da ricostruire tutto ciò che ha trasmesso di spirituale».

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Infine, l’ingegnere nucleare e professore emerito dell’Università della Calabria, Valerio Marinelli, autore di oltre dieci libri sulla vita della Serva di Dio. I suoi studi da uomo di scienza, ad esempio sulla bilocazione e sulle emografie, sono ad oggi fondamentali per conoscere i vari aspetti della personalità della mistica. «Per oltre dieci anni – ha svelato – una volta alla settimana mi ritrovavo per diverse ore con Natuzza. Mi trattava come un figlio, mi consigliava e mi seguiva nella vita. Come faceva con tutti. Gesù disse a Natuzza che nel suo cuore c’è posto per tutti. Anche nel suo cuore c’era posto per tutti, e in particolare per quelli che soffrono. Questa donna è stata ed è ancora un grande modello da imitare, sia pure nei nostri limiti. Per le virtù della disponibilità e dell’accoglienza nei riguardi del prossimo e della speranza in Gesù, la Madonna e i Santi – ha aggiunto – per l’importanza e la necessità della preghiera, per le devozioni per le anime dei defunti e per gli angeli custodi». Il convegno è stato moderato e introdotto dalla docente di Teologia dommatica presso la Pontificia università della Gregoriana di Roma, Alberta Maria Patti, la quale ha anche lei voluto sottolineare come Mamma Natuzza, nell’arco dei suoi 85 anni di vita, «si sia data tutta a Dio e agli altri».          

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