Il Natale di mamma Natuzza, quella preghiera a Gesù Bambino scritta con il sangue che apparve su una sua benda
L’episodio risale al 1940 ed è raccontato dal professore Valerio Marinelli, biografo della mistica di Paravati. La prece emerse sulla fasciatura che era stata usata per medicarla dopo un piccolo intervento quando era ancora una ragazza
Si sa molto di come Natuzza Evolo trascorreva la settimana santa che portava alla Pasqua. In quei frangenti la mistica con le stigmate di Paravati riviveva passo passo la passione di Cristo. Un fatto inspiegabile persino ai tanti medici che hanno assistito da vicino a tale fenomeno. Meno si sa, invece, di come trascorreva il periodo del Santo Natale. Durante le festività natalizie la Serva di Dio si prendeva un breve momento di riposo, attendendo con gioia e trasporto la nascita del Bambinello Gesù nella sua umile casa di via Nazionale, a Paravati. Qualora, però, qualcuno bussasse alla sua porta in stato di particolare bisogno, in cerca di un consiglio o di una parola di conforto, ella non si tirava mai indietro. Per lei, del resto, il Santo Natale aveva un fascino particolare. La scena della natività nella povera grotta di Betlemme la commoveva e l’emozionava intensamente. Lo dimostra anche quanto avvenuto nel 1940, in prossimità di questa ricorrenza. A raccontarlo è l’ingegnere nucleare Valerio Marinelli, “prescelto” da Mamma Natuzza come proprio biografo e autore di ben 12 volumi che hanno raccontato meticolosamente le sue vicende terrene e mistiche, col piglio dell’uomo di scienza e senza lasciare nulla al caso.
«Natuzza – spiega il professore emerito dell’Unical nel libro Emografie della Serva di Dio Natuzza Evolo – ebbe la suppurazione di una ghiandola sotto ascellare e venne curata dal dottor Domenico Naccari il quale, dopo la medicazione della ferita, applicò alla ragazza una fasciatura. Quando la prima fasciatura fu tolta, venne trovata, in corrispondenza della parte della benda sovrapposta al cuore, una preghiera incompleta. Sulla benda applicata subito dopo vennero trovate altre righe di preghiera, le quali incominciavano proprio dove erano rimaste interrotte quelle precedenti, continuandone il senso, ed il fenomeno si ripeté ancora su tutte le nuove bende applicate. Alla fine fu ricostruita una bella preghiera completa a Gesù Bambino. II dottor Naccari – aggiunge – colse l’occasione per verificare personalmente l’autenticità del fenomeno, mettendo dei contrassegni sulle bende da lui stesso applicate e poi distaccate dal corpo della ragazza, verificando ogni volta che non erano state manomesse da nessuno». Il fatto avvenne in casa dell’avvocato Silvio Colloca, dove Natuzza lavorava come domestica. Più tardi quella preghiera a Gesù Bambino fu ritrovata sul retro di una immaginetta posseduta da un’amica dei Colloca, andata poi smarrita, così come il testo.
«I Colloca – prosegue al riguardo lo stesso professore Marinelli – conservavano ancora, nel 1979, alcuni ritagli di quelle fasce con alcune righe di preghiera che io ebbi modo di osservare e di fotografare: a distanza di circa quarant’anni le scritte erano ormai sbiadite e solo alcune parole erano decifrabili. Si riconoscevano le parole: “…ed accenderci del vostro amore, vi adoriamo per nostro Creatore e Redentore, noi vi riconosciamo e vogliamo per no…”. Nel periodo di Natale del 2018 – aggiunge – mi è capitata, per caso, sotto gli occhi, una immaginetta di Gesù Bambino dell’Aracoeli, venerato a Roma nella chiesa che porta lo stesso nome, dietro la quale è riportata una preghiera contenente le espressioni sopra riportate; dunque, molto verosimilmente, è questa la preghiera apparsa sull’emografia di Natuzza. Il suo testo completo è il seguente: “Amabilissimo nostro Signore Gesù Cristo, che fatto per noi Bambino, voleste nascere in una grotta per liberarci dalle tenebre del peccato, per attirarci a Voi, ed accenderci del vostro santo amore, vi adoriamo per nostro Creatore e Redentore; vi riconosciamo e vogliamo per nostro Re e Signore, e per tributo vi offriamo tutti gli affetti del nostro povero cuore.
Caro Gesù, Signore e Dio nostro, degnatevi di accettare quest’offerta, e, affinché sia degna del vostro gradimento, perdonateci le nostre colpe, illuminateci, infiammateci di quel fuoco santo che siete venuto a portare nel mondo, per accenderlo nei nostri cuori. Divenga per tal modo l’anima nostra un sacrifizio perpetuo in vostro onore; fate che essa cerchi sempre la vostra maggior gloria qui in terra, affinché venga un giorno a godere delle vostre infinite bellezze in Cielo. Così sia”». Per la cronaca, il Santo Bambino di Aracoeli fu scolpito in legno di ulivo del Getsemani da un religioso francescano del XV secolo, il quale successivamente provvide anche a portarlo a Roma. Posto nella Basilica di Aracoeli in Campidoglio, per i suoi prodigi e miracoli è da sempre oggetto di venerazione da parte dei romani e dei fedeli di tutto il mondo.