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Il primo giorno di lavoro di Giorgio e Leonardo dà speranza alle 300 famiglie vibonesi che lottano per i diritti delle persone autistiche

Nella giornata internazionale delle disabilità che si celebra dal 1981, i due ragazzi affetti da disturbo dello spettro autistico hanno cominciato il loro percorso lavorativo nell'ambito dei "Progetti di vita". Ma è una goccia nel mare della mancanza di servizi e assistenza. Parla il papà di uno dei due

Il primo giorno di lavoro di Giorgio e Leonardo dà speranza alle 300 famiglie vibonesi che lottano per i diritti delle persone autistiche
Giorgio nel suo primo giorno di lavoro

In occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità, indetta dalle Nazioni unite nel 1981, che si celebra oggi, ci sono due famiglie vibonesi che posso festeggiare il riconoscimento del diritto al lavoro per il proprio familiare affetto da autismo. Questa è la storia di Giorgio, che oggi ha intrapreso il percorso d’ingresso al suo lavoro futuro. Con lui, anche un altro ragazzo, Leonardo, affetto da disturbo dello spettro autistico. Entrambi, attraverso i “Progetti di vita”, sono stati inseriti nelle attività varate dall’Ambito territoriale sociale di Vibo Valentia, Spilinga e Serra San Bruno (Comuni capofila dei tre distinti Ats). A raccontarci l’avvio di questa nuova avventura è Silvio Biondino, papà di Giorgio, il ventottenne che è stato impiegato per curare l’archivio della biblioteca dell’Istituto “Vito Capialbi”, che è stata anche la sua scuola.

Questo giorno che cosa rappresenta per la sua famiglia, ed in particolare per suo figlio Giorgio?
«Finalmente, dopo tante battaglie, noi genitori siamo riusciti a far partire questo progetto. Per Giorgio il primo giorno di questo nuovo percorso cade proprio in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità e questa buona notizia ci porta a ben sperare per tutti i ragazzi che non hanno servizi garantiti dalle istituzioni preposte, accesso a questi ultimi per colpa della disinformazione delle famiglie e omertà da parte delle stesse».

Perché parla di omertà?
«Secondo i dati ufficiali le persone autistiche nella sola provincia di Vibo sono 300, ma tante famiglie si rifiutano di ammettere e di far diagnosticare lo spettro dell’autismo di un loro parente, quindi ci sono ancora molte situazioni che non emergono e che gravano comunque sulla società. Così come c’è chi decide di non farsi aiutare, perché erroneamente magari si vergogna, c’è anche chi, per colpa della disinformazione delle stesse istituzioni, non sa come muoversi anche solo per farsi riconoscere l’applicazione della Legge 104 se ne ha diritto. Fare rete quindi è importantissimo, per comprendere la propria situazione e attivarsi per ottenere servizi. Quando questo, come nella provincia di Vibo Valentia, spesso non accade, allora la rete la dobbiamo fare noi familiari per portare avanti la nostra lotta. Solo chi ha un proprio caro affetto da autismo può veramente comprendere le grandi difficoltà quotidiane che vive tutto il nucleo attorno, altrimenti le nostre restano parole lontanissime, ecco perché niente cambia».

Quali sono i servizi che persone come Giorgio vedono riconosciuti e su cosa c’è ancora da lavorare con le istituzioni?
«Nella provincia di Vibo i servizi sono sotto zero. Non esistono centri accreditati per far praticare sport, fondamentale per quanti assumono farmaci e necessitano di attività dove poter scaricare l’accumulo di tensioni ed energia. Non avere garantito questo tipo di supporto, oltre a generare regressione in loro, li porta ad essere violenti e difficilmente gestibili se non sedati. In altre Regioni, come la Sicilia che è a statuto speciale, le famiglie possono contare su un supporto economico e una rete di servizi che consente alle persone autistiche di trovare il loro percorso di vita e ai familiari di vivere in maniera più dignitosa anche la propria privacy. Qui da noi, invece, tutto grava sulle nostre spalle. Chi è un tipo attivo, dinamico, battagliero allora riesce ad offrire attività, ma chi non ne ha ad esempio la forza fisica è in estrema difficoltà. Quindi c’è da lavorare seriamente con tutto il comparto dell’assistenza sociale, a partire dal Comune fino alla Regione. Sono anni che chiediamo l’attivazione del caregiver in Regione, per offrire assistenza agli autistici e aiuto familiare, ma ogni interlocutore, che sia ben inteso rimane sempre meno di due anni e poi viene sostituito, fa orecchie da mercante».

La disability card, che consente alle istituzioni di ottenere immediate informazioni sulle persone autistiche, viene riconosciuta a Vibo?
«Assolutamente no. Questo significa, ogni qualvolta che devo avviare una pratica per mio figlio, dovermi portare appresso faldoni di carte. Inclusa la documentazione relativa alla sua 104 per farla riconoscere. Eppure basterebbe semplicemente dotarsi della strumentazione adeguata per poter acquisire immediatamente tutte le informazioni necessarie. Questa, che è una delle più grandi battaglie che porto avanti da circa due anni e mezzo, chiama in causa anche lo stesso Comune di Vibo che continua a fare spallucce e a non dotarsi di ciò che la Legge obbliga ad avere nei confronti del cittadino. Sono anni che continuo a battermi in tutte le sedi possibili e immaginabili per chiedere attenzione al Terzo Settore, sensibilità verso il prossimo ma hanno tutti le orecchie tappate. Ecco perché poi va tutto a rotoli e della politica si disamorano tutti. Lo dico senza remore, pronto ad affrontare chi è in grado di smontare quel che dico e affronto ogni giorno da padre di ragazzo autistico».

Cosa spera per suo figlio Giorgio e per questo nuovo percorso che attualmente coinvolge già due persone autistiche?
«Spero che fra 18 mesi tutto questo non sia stata soltanto una parentesi e che non abbia coinvolto solamente due ragazzi. Il progetto ne dovrebbe coinvolgere in totale sei: oltre Giorgio in biblioteca e Lorenzo coinvolto con il personale Ata, in “Progetti di vita” sono state previste due persone autistiche per l’Ats di Serra San Bruno e altrettante per l’Ats di Spilinga. Il mio augurio è che questo percorso faccia da apripista e possa includere tutti e 90 i soggetti autistici richiedenti e che il comparto dell’assistenza sociale si possa strutturare diversamente con personale qualificato, adatto a ciascuna disabilità, con servizi sul territorio che possano essere da supporto concreto alle famiglie e alla stessa società».

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