La via della fede, viaggio tra i luoghi di culto più suggestivi del Vibonese

Spilinga e la Madonna della fontana

A Spilinga sorge il santuario dedicato alla Madonna della fontana. Non tutti conoscono la storia del sito legata fortemente al ritrovamento di una statua. Tradizione e leggende si fondono dal momento che sono pochissimi i riferimenti storici riguardanti la vicenda. Un punto saldo è rappresentato dalla pubblicazione del volume “Spilinga e dintorni”, curato dallo storico e scrittore Agostino Gennaro nel quale vengono ricostruite le origini della devozione religiosa.

Il culto partì con il ritrovamento dell’effigie della Madonna in una zona di campagna, lontana dal centro abitato. Siamo nella Calabria di fine Ottocento. Secondo i racconti orali, tramandati di generazione, una contadina del luogo, Domenica Muià, soprannominata “a Cicireja”, sognò la Vergine col Bambino che chiedeva il suo aiuto per liberarsi dai rovi. L’umile donna era spiazzata dalla visione e si confidò con il parroco che le consigliò di dimenticare il sogno e non farne parola con nessuno. Ma il sognò si ripeté. La Vergine chiedeva soccorso ma la donna non sapeva come aiutarla dal momento che il luogo indicato era impervio e la grotta cui la Madonna faceva riferimento era avvolta dalle sterpaglie. In più era in stato avanzato di gravidanza. Decise tuttavia di seguire le indicazioni della Vergine che le raccomandò di chiamare un operaio affinchè tagliasse, con la roncola, i rovi che ostruivano il passaggio. Alla presenza del parroco, don Scipione Petracca, venne alla luce la sacra immagine che si trovava veramente in una nicchia scavata all’interno della grande grotta arenaria completamente nascosta da una fitta vegetazione: “Fra i rovi e fra le ortiche, ti rivelasti un dì”, racconta la tradizione popolare. «Nel giro di pochi giorni la notizia del suo ritrovamento- evidenzia il professor Gennaro nel suo studio- si sparse a macchia d’olio. La bellezza e l’amenità del luogo e la fama di questa Madre miracolosa attirò molti pellegrini rendendo famoso il nome di Spilinga e la grande ospitalità del popolo locale. In poco tempo il paese divenne tra i luoghi più frequentati del promontorio del Poro varcando finanche i limiti dell’Angitola e del Mesima. La grotta divenne in pochissimo tempo meta di pellegrinaggio». Tant’è che molti fedeli «alcuni anziani e malati trascorrevano la notte della vigilia della festa nei pressi della grotta». Nel 1933, giunto a Spilinga don Carmine Cortese, il culto venne regolarizzato.

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