Storia e identità, a Vibo e in provincia musei aperti per la festa della Liberazione
Dalle Serre vibonesi alla costa, in occasione del 25 aprile porte aperte in diversi poli culturali del comprensorio
Il 25 aprile si celebra l’anniversario della Liberazione. In questa data si commemora la liberazione dell’Italia dal nazifascismo, la fine dell’occupazione nazista e la definitiva caduta del regime fascista. Una giornata per riflettere sui valori della libertà, democrazia, impegno civico in un’epoca caratterizzata da sanguinosi conflitti. Una data in cui poter riscoprire anche la storia e le proprie radici culturali. Molti musei e siti d’interesse rimarranno aperti per l’intera giornata del 25 aprile.
Il Museo della Certosa
Nelle Serre vibonesi spicca il Museo della Certosa, edificato nel 1993 su impulso della comunità religiosa. Attraverso la struttura, si illustra in maniera dettagliata le consuetudini della vita monastica. Un modo per venire a contatto con la spiritualità dei “figli” di San Bruno senza disturbare i monaci. L’esposizione si snoda in 22 sale portando il visitatore attraverso gli ambienti claustrali – dalla cella alla chiesa conventuale – ricostruiti con grande fedeltà. Anche la scelta dei materiali utilizzati – dal cotto ai ruvidi intonaci – non è casuale ma mira a rendere realistica l’immagine degli spazi in cui si muovono i religiosi. Nella prima parte del percorso viene dato risalto alla nascita dell’ordine certosino e alla Certosa di Serra S. Bruno. Si racconta l’iconografia bruniana, ai santi certosini, alla liturgia fino alla biblioteca. A colpire il visitatore, le stanze dedicate ai laboratori dei monaci, le riproduzioni delle celle e il relativo giardino. L’itinerario termina con una piccola cappella solitaria ricavata in una torre cinquecentesca.
Il Mufar di Mongiana
Sempre in zona montana, giornata di apertura (10:00-12:30 e poi 15:00-18:00) per il Museo fabbrica d’armi-reali ferriere borboniche. Il suggestivo sito racconta la storia del complesso siderurgico fortemente voluto da Ferdinando IV di Borbone nel Settecento. Una “fabbrica” che diede impulso all’economia calabrese e del Regno di Napoli. A Mongiana la presenza del complesso portò alla progressiva crescita dell’agglomerato urbano che arrivò a contare mille abitanti che dipendevano dalla vita della ferriera. La presenza dei boschi e dell’acqua furono gli elementi cardine su cui ruotava l’attività. Gli altiforni venivano infatti alimentati con il carbone proveniente dalla legna ricavata dai boschi. Il sito industriale era ben collegato e riusciva a comunicare con la marina del Tirreno. Lo stabilimento era composto da due fucine. Vi era una fabbrica d’armi composta da tre edifici attigui, su un terreno in pendio, con ruote idrauliche mosse dalle acque del Ninfo e dell’Allaro. Nelle vicinanze vi era la fonderia di Ferdinandea, una officina di staffatura per la produzione di opere di getto in particolare proiettili, ed una terza nella quale (dopo l’unificazione) si fabbricavano stadere, pesi e misure metriche. All’interno della fabbrica d’armi erano collocate le officine dove i forgiatori producevano canne da fucile, spade e baionette. Non mancavano magazzini per carbone e minerali, fucine, carpenteria e depositi.
Il Museo di Vibo
Il busto in basanite, la laminetta orfica, il ritratto di Agrippa. Sono alcuni dei “gioielli” custoditi al Museo archeologico nazionale di Vibo Valentia che, per il 25 aprile (dalle ore 9.00 alle 19.45), manterrà le porte aperte. Il sito culturale porta il nome del conte Vito Capialbi che fu tra i primi – nell’Ottocento – a ricostruire la storia dalla fondazione della colonia locrese di Hipponion alla costituzione della colonia romana di Valentia. Gli spazi seguono una cronologia precisa in modo da permettere al visitatore di compiere un vero e proprio viaggio nell’archeologia del territorio, dalla preistoria (primo piano) all’età greca (piano terra e primo piano) e a quella romana e medioevale (piano terra). Particolarmente suggestiva la sala delle armi, con elmi e resti di scudi. In più, i locali ospitano il monetiere Capialbi. Il Museo è tra i sitipiù ricchi a livello di materiale monetale. Sono presenti monete dell’età arcaica che provengono dalle principali città della Magna Graecia.
Il Museo di Mileto
Dalle ore 9.00 alle 14.00 sarà anche possibile visitare il Museo statale di Mileto, ospitato all’interno del palazzo vescovile. L’edificio venne costruito a partire dalla fine del ‘700 e portato a termine intorno al 1860 sotto la reggenza del vescovo Filippo Mincione. È adiacente alla Cattedrale neoromanica di Santa Maria Assunta, basilica pontificia minore dal 2016. Il sito conserva al suo interno una preziosa collezione di marmi antichi e medievali, ceramiche, arredi sacri e dipinti che raccontano la storia della città vecchia di Mileto, distrutta e abbandonata in conseguenza del tragico e distruttivo terremoto del 1783. Il percorso museale abbraccia un vasto arco temporale che va dall’età bizantina al XIX secolo ed è suddiviso su due piani. Nel primo sono conservati i pregiati marmi romani riutilizzati dal Gran Conte Ruggero per decorare l’abbazia della SS. Trinità. Al secondo, si trovano invece gli splendidi sarcofagi trecenteschi di Ruggero Sanseverino e Giovanna d’Aquino, feudatari di Mileto durante il regno angioino, i ricchi arredi sacri dell’antica cattedrale, le preziose immagini di culto e tra queste l’ineguagliabile crocefisso in avorio attribuito ad Alessandro Algardi.
Il Museo di Zungri
Pronto ad accogliere i visitatori anche il Museo della civiltà contadina e rupestre di Zungri. Le sue grotte sono ormai conosciute ben oltre i confini regionali e anche nel periodo invernale le comitive non sono mancate. L’insediamento si trova nell’immediata periferia del centro storico di Zungri, in località Fossi, sul costone esposto a sud-est della valle della fiumara Malopera. L’agglomerato di case-grotte sembra risalire al X-XII secolo e l’intera area viene riconosciuta con il nome di “Valle degli Sbariati” (monaci venuti dall’Oriente, presumibilmente primi abitanti del sito). È composto da un centinaio di grotte, di varie dimensioni e forme occupando una superficie di circa 3000 mq. Il Museo invece custodisce oggetti della cultura tradizionale locale dal XIX al XX secolo. I reperti vengono organizzati in diverse sezioni tematiche tra cui agricoltura, tessitura, forgiatura, abiti e arredi domestici. Per chi fa tappa a Zungri, altri siti d’interesse sono rappresentati dal Santuario della Madonna della neve, la chiesetta Sant’Anna, il percorso nel centro storico con le porte dipinte e il muro dei proverbi.
Castello Murat di Pizzo
Dal Poro alla costa. Il 25 aprile a Pizzo potrà essere occasione per visitare il suggestivo Castello Murat (aperto dalle ore 9.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 19.00)
La storia del maniero è legata a Gioacchino Murat, re di Napoli. Il generale francese, sbarcato a Pizzo, tentò la riconquista del suo regno ma invece vi trovò la morte. Nel castello si trova una ricostruzione storica che riproduce gli ultimi giorni di vita del sovrano, rappresentando i diversi momenti della detenzione del re e dei suoi uomini. All’ interno delle celle, nei semi-sotterranei, è riprodotta la loro prigionia. Al primo piano si trova la scena del sommario processo contro il Murat; nella cella in cui il re trascorse gli ultimi momenti della sua vita e in cui scrisse la lettera di addio alla moglie Carolina e ai suoi quattro figli, sempre al secondo piano, è riproposta la scena della confessione del Re con il canonico Masdea. Il sito permette al visitatore di rivivere in prima persona le vicende storiche che segnarono il destino di un popolo.
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