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La Pasqua a tavola: dai piatti simbolo alle tradizioni di Vibo e provincia

Ricette semplici, ingredienti a chilometro zero che rimandano alla tradizione contadina e marinara: ecco le pietanze più diffuse sulle tavole delle famiglie vibonesi e le curiosità a loro legate

La Pasqua a tavola: dai piatti simbolo alle tradizioni di Vibo e provincia

Le festività pasquali rappresentano uno dei momenti dell’anno più attesi in Calabria. I riti della Settimana Santa e della Pasqua scandiscono le giornate. Ma non solo. Per tante famiglie, anche nel comprensorio vibonese, le tradizioni rivivono in modo particolare a tavola. I piatti riflettono e raccontano in modo particolare il mondo contadino. Pertanto si ritrovano ingredienti strettamente connessi alla terra, al periodo primaverile e più genericamente alle materie prime reperite negli orti e, lungo le coste, dai pescatori. A trionfare, specie nell’area del Briaticese, la pasta fresca preparata in casa (fileja o tagliatelle) con sugo di carne. Oppure pasta con uova sode e pollo ruspante. Immancabili le polpette, le frittate di asparagi oppure con salame casareccio, come racconta Giuseppina Prostamo, ex dirigente scolastico.

Dolci e tradizioni

Viaggio nei dolci simbolo della Pasqua con Mimma Grillo, cuoca dall’esperienza ultra decennale, originaria di Zambrone: «I dolci che rappresentano il nostro territorio – spiega – sono realizzati con ricette antiche e semplici. Ricette dai sapori unici, tramandati da generazioni che variano i nomi anche in base ai paesi». Tra questi spiccano le “cuzzupe”, «dolci a base di pasta frolla che assumono forme diverse e simboleggiano la fine del digiuno quaresimale. Al centro viene posto l’uovo, simbolo della resurrezione di Gesù Cristo». C’è una curiosità legata a questo dolce: «Anticamente, i fidanzati regalavano dei dolci (fatti con lo stesso impasto delle “cuzzupe” alle fidanzate), alle “zite”. Il dolce era a forma di bambola decorata con confettini e cioccolati. Tutto questo avveniva prima dell’arrivo delle moderne uova di cioccolato». Ci sono poi i taralli glassati con il gilepp’o o i dolci d’ova d’ova: «Vengono preparati usando uova, strutto (o olio) e farina. A fare la differenza, è la glassa realizzata con lo zucchero». Indiscusse regine, le “pitte pie”: «contenenti frutta secca, uva passa, marmellata, cannella».

“Li fiscotta” sono poi i dolci tipici delle Serre vibonesi, più conosciuti come “fiscotta d‘ova d’ova” perché impastati con farina e uova. Anche questi vengono poi ricoperti con “lu gilieppu” ovvero un composto di zucchero e limone oppure con “l’annaspu”, albume montato a neve e limone. Sulle tavole vibonesi non può mancare il “campanaro” di pane con le uova sopra: «Come primi piatti, pasta china al forno con provola, soppressata, uova bollite e sugo. Poi le frittate anche con ‘nduja e ricotta, con la cipolla, asparagi selvatici». In passato si era soliti preparare anche «carciofi ripieni, cerro fritto, pasta ‘ca siccia (nero di seppia). Ricordo che molti anni fa, si realizzata una focaccia di pane sbriciolato morbido e la ninnata, ‘A Pitteja’ che in particolare nel comprensorio tropeano le famiglie di pescatori amavano ma adesso questa pesca è stata bandita». Tra le pietanze, figurano infine la carne di capretto o agnello.

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