venerdì,Novembre 22 2024

Strage di migranti: a Cutro è l’ora della preghiera e della memoria

Alcuni sopravvissuti e i loro parenti tornano sulla spiaggia del naufragio. Il loro messaggio struggente attorno a una “barriera” di peluche che ricorda i 34 bambini morti

Strage di migranti: a Cutro è l’ora della preghiera e della memoria

di Vincenzo Imperitura
Il mare sbatte forte sulla battigia di Steccato. Quasi come nella notte dello scorso anno, quando la Summer Love andò a schiantarsi su una secca a poche decine di metri dalla spiaggia inghiottendo 94 persone, morte quando ormai il peggio sembrava passato. E un anno dopo, la stessa spiaggia torna protagonista per una veglia silenziosa, fatta di preghiere appena accennate e dolore composto. In circolo attorno a una “barriera” di peluche – 34, lo stesso numero dei bambini che non sono sopravvissuti all’ennesimo viaggio della speranza sulla “rotta turca” – ci sono una parte dei sopravvissuti del naufragio e i loro parenti, tornati in Calabria da mezza Europa in ricordo della tragedia dello scorso anno. Un ritorno doloroso e carico di rimpianti per una tragedia che, dicono, certamente si sarebbe potuta evitare. «Questi nostri fratelli morti su questa spiaggia – dice l’ex ambasciatore afgano al tempo dell’occupazione Nato, Jamshid Gul Aqa – non avevano scelta. Sono partiti perché costretti dalla guerra e dalle condizioni di vita in patria. Stanotte siamo qui per tenere alto il ricordo di queste persone e sono felice che in tanti siano venuti. Ricordare è importante e ringrazio il popolo calabrese che tanto ha fatto e continua a fare in aiuto ai migranti, ma ora resta un’altra battaglia da combattere che riguarda la creazione di corridoi umanitari per consentire il ricongiungimento dei familiari delle vittime e dei sopravvissuti». È buio e carico di nubi il cielo sulla spiaggia di Steccato di Cutro, ma in tanti si sono voluti stringere comunque al ricordo delle vittime del naufragio. CONTINUA A LEGGERE QUI: Fiaccole e silenzio, a Cutro è l’ora della preghiera e della memoria: «I nostri fratelli migranti non dovevano morire così»

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