Luminarie nel Vibonese, Paolillo (Wwf): «Un’invasione che dura tutto l’anno»
Il naturalista parla di «una vera e propria lucimania urbana che ormai imperversa»
Le luminarie che abbelliscono le vie e i centri storici anche dei paesi Vibonesi, sono al centro dell’intervento di Pino Paolillo, naturalista e responsabile del settore Conservazione del Wwf di Vibo Valentia. «Senza voler fare dei paragoni esageratamente azzardati che ci porterebbero oltre confine, ma ispirandosi più modestamente allo spettacolo delle luci salernitane, è invalsa da qualche anno anche dalle nostre parti l’abitudine di allestire luminarie di ogni tipo per rallegrare le strade e le piazze, prima (e a dire il vero anche un po’ troppo dopo), di Natale. L’unica novità, – dichiara Paolillo – rispetto al passato, è che stavolta è mancato l’appello ecologico al risparmio di energia, con gli inviti indirizzati ai cittadini a spegnere le luci in casa e a non stare troppo sotto la doccia. Si vede che il prezzo del gas è calato. Neanche il tempo di smantellare stelle comete, Sacre Famiglie, carri guidati dai Babbi Natale, che ecco allestita l’ultima, illuminante trovata in vista di San Valentino: enormi cuori rossi sotto i quali giurarsi amore eterno e “please please Love” per attirare gli innamorati da mezza Calabria per gli immancabili selfie da inviare a tutti gli amici di Facebook e a parenti lontani». Pino Paolillo prosegue parlando di «una vera “lucimania urbana” che ormai imperversa e per la quale, parafrasando Guccini (luminarie per 12 mesi), suggerirei: gigli di luci bianche per attirare tutti i papà, specialmente se di nome fanno Pino, Pinuccio, Peppi, Peppino ecc., con moglie e figli a carico, a seguire uova di Pasqua ad ogni angolo per la gioia dei piccini, rose e madonne a maggio per il turismo religioso, spighe di luci gialle come il grano di giugno, e in estate, l’apoteosi splendente di un mega tartufo con luci a tre strati, come quelli del gelato che ormai rappresenta Pizzo in mezzo mondo (cosa ne sarebbe stato del paese senza la buonanima di Don Pippo?). Eviterei novembre, a meno che, non si sa mai, non si speri di attirare pure gli amanti di Halloween e dell’horror per essere “immortalati” all’interno di zucche di luci arancione, scheletri, teschi e tibie incrociate. Peccato, però, che a transitare in queste sere per le vie del cosiddetto centro storico o per la piazza di Pizzo mi torni in mente quel “deserto che conosco “del “principe” Vandelli; piazza e strade sempre pronte poi a riempirsi d’estate, come se davvero non ci fosse che lei, “tanto bella che le altre stagioni le girano intorno”. Né potrebbe essere altrimenti, diciamolo francamente, per un centro ormai morto semplicemente perché disabitato, fatta eccezione per i sempre più rari eroi che lottano contro i disagi per il parcheggio, la distanza dai supermercati e dalla vita caotica della “Nazionale”. A proposito i ricordi mi riportano agli anni della giovinezza, quando, tra Piazza della Repubblica e dintorni e Corso San Francesco, solo di Alimentari, si perdeva il conto… Per carità, tutto è lecito per coltivare la speranza (o l’illusione?) che un centro che va in letargo abbia dei risvegli invernali, seppur effimeri in attesa della stagione, mi rimane il dubbio che certe iniziative, che alla fine lasciano il tempo che trovano, possano davvero far rivivere un vecchio centro quasi inesorabilmente privo di vita propria. Restano per le vie i lamenti notturni dei gatti innamorati e, sopra i tetti, i voli dei “cola” che, indifferenti, giocano con il vento».
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