Violenza e relazioni familiari, convegno a Vibo tra storie e testimonianze
Successo per l’evento promosso dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati nella sala consiliare della Provincia
Interessante convegno nella sala consiliare della Provincia di Vibo Valentia dal titolo: “Violenza nelle relazioni familiari – Tutela civile e penale”. Un incontro moderato dall’avvocato Caterina Varvaglione, con le conclusioni affidate a Beniamino Calabrese, avvocato generale della Corte d’Appello di Catanzaro. Sul ruolo delle donne nella ‘ndrangheta si è soffermata in particolare il procuratore aggiunto di Catanzaro, Giulia Pantano, per anni in servizio alla Dda di Reggio Calabria. Il magistrato nel corso del suo intervento ha rimarcato come le donne in Calabria spesso all’interno delle organizzazioni criminali facciano da “ago della bilancia” nella gestione di delicate questioni familiari, non mancando casi di ragazze offerte già all’età di 14 anni quali promesse spose a noti mafiosi. Non sono mancate in Calabria donne coinvolte in feroci faide o al centro di vendette di ‘ndrangheta e i pentimenti – ha ricordato il procuratore Pantano – sono stati sinora pochi poiché la struttura delle ‘ndrine a base familiare rende estremamente difficile accusare stretti congiunti. Tuttavia, alcune collaborazioni si sono registrate negli ultimi anni in Calabria e il procuratore Pantano ha parlato di “scelte irreversibili” citando il caso di Giusy Pesce di Rosarno, la cui collaborazione con la giustizia ha inferto un duro colpo all’omonimo clan, mentre l’altra famiglia di ‘ndrangheta – i Bellocco – “festeggiavano” a loro modo che ci fosse una pentita nel clan Pesce anziché nella loro consorteria.
A portare i saluti ai relatori sono stati il presidente della Provincia Corrado L’Andolina, il sindaco Maria Limardo, il prefetto Giovanni Paolo Grieco, il questore Cristiano Tatarelli e il procuratore Camillo Falvo. Molto articolati e puntuali gli interventi del giudice Gabriella Lupoli – presidente della sezione Famiglia del Tribunale di Vibo Valentia e del pm Maria Cecilia Rebecchi, sostituto procuratore della Repubblica di Vibo, così come quello del gip Francesca Loffredo, tutti impegnati ad illustrare alcuni aspetti tecnici e giuridici della normativa in materia e le loro implicazioni. Toccante anche la testimonianza sulla violenza di genere da parte di Elisabeth Rosanò, mentre sul rapporto tra giustizia e mezzi di informazione si è soffermato il giornalista Maurizio Bonanno. Interventi anche da parte dell’avvocato Antonello Fuscà in rappresentanza dell’Ordine degli avvocati di Vibo, della specialista in psicologia giuridica Luigia Barone e di Antonio Pacillo del collegio dei Garanti Unione Nazionale delle Camere Minorili. Le conclusioni sono state affidate a Beniamino Calabrese, avvocato generale della Corte d’Appello di Catanzaro il quale ha raccontato della sua personale esperienza essendo stato tra i primi in Italia a disporre la messa in prova per un condannato per omicidio commesso nel 1992. Il giudice ha ribadito – partendo proprio da tale caso che vedeva un ragazzo vivere in condizioni disumane e quasi “fuori dal mondo” sino ad arrivare a commettere un omicidio – l’importanza del recupero dei condannati. Un recupero già avvenuto nel racconto fatto da dott. Calabrese e che ha permesso al condannato il reinserimento con successo nella società. Il convegno è stato promosso, oltre che dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Vibo Valentia, anche dalla Camera Penale di Vibo, dalla Camera Minorile, dal Comitato Pari Opportunità, dalla Camera Civile, dalla Scuola di Formazione Forense e l’Osservatorio sul diritto di Famiglia di Vibo Valentia.