La figlia di Maria Chindamo all’Università di Reggio: «La ‘ndrangheta teme la cultura più della giustizia»
L’intervento di Federica Punturiero, figlia dell’imprenditrice uccisa e data in pasto ai maiali, in occasione della cerimonia di apertura dell’anno accademico della Mediterranea. Il ministro Zangrillo: «Non dobbiamo arretrare mai di un millimetro nella lotta contro l’illegalità»
La figlia di Maria Chindamo, l’imprenditrice scomparsa il 6 maggio 2016 davanti la sua tenuta agricola a Limbadi (Vibo Valentia), che secondo la Dda di Catanzaro è stata uccisa ed il corpo dato in pasto ai maiali, è intervenuta alla cerimonia di apertura dell’anno accademico dell’università Mediterranea di Reggio Calabria con una toccante testimonianza. Federica Punturiero, ha ripercorso la vicenda della madre, «vittima di ‘ndrangheta – ha detto – di un fenomeno violento, patriarcale, terroristico, alternativo allo Stato, che l’ha accusata, processata e condannata a morte, eseguendo la pena in pubblica piazza, attraverso un tribunale clandestino che l’ha accusata di libertà». «Da quel 6 maggio – ha detto Federica – la campagna di Limbadi non è stata più il luogo del silenzio, ma uno spazio della memoria, di appelli e denuncia, di coraggio e condivisione, di responsabilità e impegno contro le violenze. Per ribadire che la ‘ndrangheta e la sua sottocultura non ce la faranno a soffocare e sottomettere le donne, a violare la dignità degli uomini, a stravolgere l’innocenza dei bambini, ad occupare le terre libere. Mi sono nutrita di ogni parola e dei pensieri che si sono intrecciati davanti a quel cancello. Tutta la comunità unita nelle sue declinazioni più importanti si ritrova ogni 6 maggio a Limbadi. Parole, lacrime, pensieri, ricordi, promesse, speranze, per comporre il tessuto invincibile di una vera società. Per chiedere quella verità e quella giustizia giusta per mia madre. Sono qui nella stessa Università frequentata da mia madre. Vi parlo perché voglio completare le parole di mia madre, dilatarle in questo spazio educativo, creativo e formativo, per dirvi che la ‘ndrangheta teme di più la cultura che la giustizia». Il ministro alla Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo ha ringraziato la ragazza per il coraggio. «Una esperienza – ha detto – che deve far capire a tutti che non dobbiamo arretrare mai di un millimetro nella lotta contro quelle sacche di illegalità che in alcuni casi rischiano di infettare le numerose realtà virtuose del Paese, e che, a volte, pregiudicano la vita di tante persone oneste. Il merito significa valorizzare le persone che vogliono crescere».
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