Agrippa, il legame tra lo stratega di Ottaviano e Vibo “raccontato” con il busto custodito al Museo -Video
Venuto alla luce nell’area di Sant’Aloe negli anni Settanta, realizzato in marmo numidico, è uno dei migliori ritratti del generale romano ad oggi pervenutoci. L’opera racconta il peso politico della città e gli stretti contatti con l’Urbe
È uno dei reperti più importanti custodi al Museo archeologico di Vibo Valentia. Racconta la fase romana attraversata dalla città, il suo peso politico, il ruolo di primo piano nello scacchiere mediterraneo. Il busto di Marco Vipsanio Agrippa, datato I secolo aC, è uno dei tesori più preziosi conservati al “Capialbi”. Venne rinvenuto nell’area delle terme romane presso Sant’Aloe. L’opera si configura in un contesto storico ben preciso. Tra la tarda repubblica e il primo impero, Vibo fu una delle città più importanti d’Italia. Ottaviano (il futuro Augusto) vi stanziò la propria flotta, guidata dal genero Marco Vipsanio Agrippa. Proprio ad Agrippa è riferibile un pregevole ritratto giunto fino ai giorni nostri. La statua è stata realizzata in marmo numidico, comunemente definito “giallo antico”. Potrebbe sembrare bianco ma presenta delle venature tendenti al rosso. Guarda caso, Agrippa possedeva delle cave da cui veniva estratto questo materiale.
La caratura del personaggio di Agrippa
Interessanti le vicende storiche che testimoniano la caratura della figura di Agrippa. È un personaggio di primo piano nel periodo delle guerre civili, soprattutto riferite all’età Augustea. È lui il vero artefice delle vittorie di Augusto. Ottaviano era sicuramente un grande politico, sapeva destreggiarsi, era furbo ma non si distingueva per doti militari. Caratteristiche invece possedute da Agrippa. Ma non solo, il generale lasciò il segno anche per quanto concerne le opere pubbliche tra cui la prima fase del Pantheon, la basilica di Nettuno, porti, strade, numerosi acquedotti. Fu determinante nell’era post Cesare, nel conflitto tra Ottaviano, Marcantonio ed Emilio Lepido che poi si sono accordati. In tale patto stabilirono anche in quali territori stabilire i veterani di guerra. Nell’elenco delle 18 città figurava anche Vibo che si distingueva- riferiscono le fonti storiche riferite ad Appiano- per ricchezza, prosperità, la bellezza degli edifici pubblici e lo sfarzo delle dimore private vi era anche Hipponion. Tra le problematiche affrontate da Ottaviano, anche il “caso” Sesto Pompeo che aveva occupato la Sicilia e la Sardegna e parti della Grecia a volte ostacolando gli approvvigionamenti, grano in primis, per il resto d’Italia. I propositi di pace non venivano mai rispettati, così si decise di attaccare Sesto Pompeo nelle acque siciliane, vicino allo Stretto. Anche in tale circostanza, l’apporto di Vibo fu fondamentale perché, oltre ad essere una solidissima base militare, vantava la possibilità – grazie alla sua posizione strategica – di completo controllo per via terra e via mare. In più possedeva uno dei porti più grandi dell’area tirrenica. La presenza dello scalo fu fondamentale poiché consentiva approvvigionamenti agli eserciti composti da migliaia e migliaia di persone. Agrippa sfruttò la posizione di Vibo e Sesto Pompeo venne definitivamente sconfitto nel 36 aC nelle acque di Milazzo, nella battaglia del Nauloco. A seguito del conflitto, Vibo viene esentata dalla spartizione delle terre che sarebbero andate ai soldati degli eserciti di Ottaviano, ciò a dimostrazione dell’importante ruolo assunto dal centro durante il periodo bellico. La battaglia contro Sesto Pompeo fu dunque determinante per il destino di Vibo e anche per la carriera di Agrippa che divenne un personaggio famosissimo.
Agrippa nella storia dell’arte
Alcuni tra i più grandi musei del mondo vantano tra le proprie collezioni ritratti di Marco Vipsanio Agrippa, ciascuno con diverse motivazioni. Agli Uffizi di Firenze figura il busto inventario n. 90/1914, uno dei pezzi delle più antiche collezioni medicee, perché lo stesso Papa Pio IV decise di donarlo a Lorenzo de’ Medici durante una delle sue visite a Roma. Al Louvre di Parigi, invece, è custodita la copia più nota e meglio conservata, rinvenuta nella città laziale di Gabii alla fine del ‘700, perché entrò a far parte della collezione romana. Il busto conservato al Capialbi, invece, è stato rinvenuto in maniera casuale nell’area del frigidarium dell’edificio termale di Sant’Aloe nel 1973 e donato alla Soprintendenza da Raniero Pacetti, collezionista vibonese, su sollecitazione di Vincenzo Nusdeo, ispettore onorario della Soprintendenza per i beni archeologici della Calabria. L’opera trova confronti con i migliori ritratti del condottiero in età Augustea e testimonia la presenza di una ricca committenza vibonese con stretti contatti con l’Urbe.
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