Vibo, la “Fenice”: «Puntiamo alla formazione e all’inserimento sociale-lavorativo del disabile»
La cooperativa sociale promuove attività indirizzate alla formazione, ad accrescere l’autostima e quindi all’autonomia di soggetti con varie patologie fisiche e mentali. La presidente Raco: «Le persone con disabilità sono risorse da valorizzare»
Le persone con disabilità possono rappresentare una risorsa per i territori. Ma serve il sostegno delle istituzioni locali e non, l’apporto della famiglia, una rete sociale in grado di favorire un percorso di integrazione serio e puntuale. Un lavoro che porti la persona a formarsi, rendersi quanto più possibile “autonoma”. Sono questi i punti saldi della cooperativa “Fenice” attiva sul territorio di Vibo dal febbraio 2020, affrontando, non senza difficoltà, il periodo pandemico e il progressivo impoverimento del comprensorio anche dal punto di vista dei servizi offerti ai più fragili. Il direttivo è guidato da Maria Assunta Raco, la vice presidenza è affidata a Francesco Bretti, componente Mario Filippo Annunziata. Il sodalizio svolge innumerevoli attività sotto il coordinamento di personale qualificato ed è ospitato nei locali offerti dalla parrocchia della Sacra Famiglia: «Il progetto – ci spiega la presidente Raco – è nato da una costola dell’Unione italiana ciechi, sezione Vibo. Volevamo estendere i servizi a persone con varie disabilità. I soci fondatori sono in totale nove. La nostra cooperativa accoglie giovani e non, disabili con ritardi più o meno gravi, con problemi nella mobilità. Provengono da Vibo città ma anche da paesi limitrofi come Maierato, Mileto. Arrivano presso la struttura a bordo di un pulmino che si occupa giornalmente di recuperarli nei centri di residenza e trascorrono con noi l’intera mattinata».
I servizi della “Fenice”
Quanto offerto dalla “Fenice”, che si occupa di promuovere laboratori creativi, svolgere attività assistenziali, proporre corsi di inglese, musicoterapia alla presenza di personale qualificato, giornate dedicate alla cucina, gite fuoriporta, per le famiglie rappresenta una boccata d’ossigeno: «C’è grande partecipazione. Ogni giorno accogliamo dieci/dodici “ragazzi”. Li chiamiamo ragazzi perché sono persone speciali, con esigenze altrettanto speciali, anche se non sono più giovanissimi. Anzi, molti sono adulti. Per un familiare che gestisce senza grandi aiuti dal mondo esterno un parente, un figlio, un genitore con disabilità, non è mai facile». L’isolamento è il primo degli ostacoli che i nuclei familiari devono affrontare. Le possibilità offerte dal territorio non sono molte e il rischio “ghettizzazione” contribuisce a peggiorare lo stato di salute fisico e psicologico del disabile con inevitabili ripercussioni sulla famiglia: «I ragazzi sono felici di seguire le nostre attività e al contempo i loro tutori hanno possibilità di potersi dedicare ad altro. Anzi, ci chiedono di estendere il servizio anche nella fascia pomeridiana. Il bisogno del territorio è tanto ma al momento non abbiamo tale possibilità perché a mancare sono soprattutto le risorse economiche». La cooperativa, infatti, non avendo ancora una sede propria, in questa fase non è accreditata presso la Regione Calabria e quindi non riceve fondi per quanto realizza a favore delle persone con disabilità. Rimane in vita grazie ad una piccola quota versata mensilmente dalle famiglie: «Ovviamente il nostro organismo è in regola ma, per ottenere l’accreditamento, serve una sede propria che attualmente non possediamo. Veniamo ospitati dalla parrocchia che ci sostiene costantemente, così come la Curia. Possiamo attingere ai bandi ma finora non sono stati promossi molti finanziamenti. Se invece bussiamo alle istituzioni, le risposte sono sempre le stesse. Che i conti sono in rosso. Noi però non molliamo».
Dalle bomboniere solidali alla Casa del dono
Le idee sono infatti chiare: «Puntiamo a diventare autonomi. L’idea di una nuova sede? Certo, se si dovesse aprire questa possibilità per noi significherebbe un grande passo in avanti. Ma l’obiettivo primario resta quello di investire sulla formazione della persona con disabilità. Da questo spunto è nato il progetto “Bomboniere solidali” e abbiamo ricevuto già le prime commissioni. Questo significa che, producendo un piccolo lavoro artigianale, ben fatto, il diversabile diventa protagonista di un percorso verso l’indipendenza». Non sono mancati momenti dedicati alla cucina, il laboratorio di dolci, l’iniziativa per imparare a fare la spesa da soli. La presidente Raco tiene a precisare: «Il discorso non ruota solamente sul fattore economico. Parliamo infatti di progetti in grado di incrementare l’autostima e la stessa inclusione sociale del disabile. Ci siamo posti il problema del “Dopo di noi”, del futuro di questi ragazzi quando i genitori/familiari non avranno più forze o possibilità di seguirli e gestirli. Le attività che proponiamo sono dunque finalizzate a permettere ai nostri ospiti di raggiungere la massima autonomia e indipendenza». In lavorazione, il progetto la “Casa del dono”: «Vorremmo mettere in vendita i lavori dei ragazzi ma anche degli artigiani e artisti del territorio. Il tutto con l’obiettivo di poter raggiungere la stabilità economica che ci permetta di proporre ulteriori attività. Non si tratta di un progetto chiuso nel cassetto. Abbiamo già ottenuto la disponibilità dello scultore vibonese La Gamba che ci ha garantito supporto nella promozione di laboratori culturali-artistici». Il messaggio è chiaro: «La Fenice vuole superare la filosofia “pietistica”, favorire una consapevolezza sociale. La disabilità – chiosa la presidente del sodalizio- non è qualcosa di lontano che siamo convinti non entrerà mai nella nostra vita. Può toccare ciascuno di noi, nelle forme più diverse. Anche improvvisamente. A fare la differenza sarà però il modo in cui saremo in grado di gestire le situazioni di difficoltà. E ancora di più, la possibilità di trovare nella società una rete di supporto e non muri invalicabili».
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