Tropea e le suore della scuola Cottolengo, una storia lunga quasi 100 anni
La riconoscenza per il loro operato verso la comunità, fece sì che i coniugi Crigna donassero loro uno stabile poi diventato il plesso dell'infanzia per molte generazioni di tropeani
La storia della scuola dell’infanzia “Cottolengo”, affonda le sue radici a Tropea nel 1930 quando i coniugi Crigna, riconoscenti per la grande attività svolta nel sociale delle suore, giunte nel 1928 come presenza in seminario, donarono loro lo stabile per proseguire l’educazione e l’assistenza dei bambini e dei giovani tropeani dell’epoca. Da allora, la “Cottolengo” è sempre stata al passo con i tempi, evolvendosi fino a diventare scuola paritaria nel 2000. Fin dalla sua apertura, l’istituto è sempre stato gestito dalla suore cottolenghine e si ispira al grande carisma, agli alti valori morali e spirituali del suo fondatore torinese San Giuseppe Benedetto Cottolengo. Nel tempo, venendo sempre meno purtroppo le vocazioni all’interno della comunità tropeana, che diverse suore ha annoverato anche all’interno del Cottolengo, il personale religioso è stato costantemente coadiuvato da figure laiche. La realtà della Cottolengo, per anni si è sempre basata sul porre al centro della missione educativa la persona, mirando così a sviluppare e potenziare tutte le capacità di ogni singolo bambino. La scuola dell’infanzia, ancora sotto la direzione cottolenghina di Torino cui ha sempre fatto riferimento, continuerà a rimanere aperta e a funzionare grazie alle educatrici ben liete di proseguire alla formazione di nuove generazioni nel solco tracciato dalla presenza delle suore.
Dopo quasi un secolo di costante presenza e operosità sul territorio locale, la comunità tropeana ha salutato giovedì 6 settembre le religiose in occasione di una celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea Attilio Nostro. Al termine della funzione il vescovo ha ringraziato profondamente le religiose. Tanta commozione, lunghi e calorosi abbracci hanno sottolineato l’importanza, all’interno del tessuto sociale tropeano, di queste figure che hanno nutrito generazione dopo generazione un’intera comunità. Ad unirsi alla schiera di saluti e rimarcando la carenza di vocazioni, c’è anche don Francesco Sicari di Tropea, parroco di Ricadi. «Prima di loro, nella nostra diocesi tante case religiose sono state costrette a chiudere. La crisi delle vocazioni religiose è il dato che deve far riflettere. Tutti si lamentano quando una comunità religiosa va via e si chiude la casa, ma non c’è più la disponibilità e la volontà di scegliere la vita di consacrazione come risposta vocazionale personale. Se Dio è scomparso dalla vita quotidiana – sottolinea il presule -, se l’esperienza religiosa o cristiana non è riconosciuta come importante per ciascuno, se i valori di riferimento per le nuove generazioni sono altri e sempre più liquidi, da dove devono nascere quelle vocazioni che nei tempi passati hanno visto uomini e donne normali lasciare tutto per seguire il carisma dei fondatori degli ordini religiosi e servire così le nostre comunità e i nostri paesi? Quindi, un’altra casa si chiude e un altro punto di riferimento educativo viene meno. Ma non viene meno il grazie che ciascuno deve dare al sacrificio di amore con cui in questi anni sono state portate avanti le tante opere per i più poveri, per i bambini, per gli ammalati. Una presenza di amore e di speranza che ci deve tutti far pensare».
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