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Gratteri, una vita sotto scorta e il sogno di liberare la Calabria dalla ‘ndrangheta

Il procuratore capo di Catanzaro si è raccontato ai microfoni de "Le Iene", spiegando la sua quotidianità super protetta caratterizzata da rari momenti di libertà

Gratteri, una vita sotto scorta e il sogno di liberare la Calabria dalla ‘ndrangheta
Nicola Gratteri (foto ansa)
Nicola Gratteri

“In ambienti molto alti, nell’olimpo della ‘ndrangheta si stava discutendo di me, su come eliminarmi”. Il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, inizia così il suo lungo racconto a “Le Iene”. Dall’intervista andata in onda ieri sera, emerge tutta la sua quotidianità super protetta scandita da rari momenti di libertà. Il magistrato antimafia viaggia con cinque macchine blindate e dieci agenti della scorta, vede i figli ogni tre mesi per trenta minuti circa e alla sua vita coniugale non è “concessa” una passeggiata. La moglie di Nicola Gratteri, anche lei sotto scorta, è una docente di matematica e, in passato, ha dovuto subire azioni spiacevoli come, ad esempio, essere sputata da una collaboratrice scolastica poiché il marito di quest’ultima era stato arrestato in un’operazione che aveva a capo il procuratore. Ci pensa alla morte, il magistrato più temuto dai clan calabresi, ma non soccombe alla paura “bisogna addomesticarla”, dice ai microfoni delle “Iene” spiegando che “ci sono delle famiglie per le quali sono un’ossessione”. Secondo il procuratore, per cambiare davvero le cose in Italia “ci vorrebbero persone più competenti nei posti di responsabilità” poiché nella macchina burocratica c’è gente imbarazzante, incapace. Per cambiare bisogna essere arditi, bisogna fare quello che serve a prescindere se può essere conveniente per l’amico o il compare di turno”. [Continua in basso]

“Sicuramente nella vita ho commesso degli errori. Non mi sento di dire che tutto quello che ho fatto è stato giusto. Ma posso dire, invece, che sicuramente è stato fatto in buona fede. Sbaglia il chirurgo, il muratore, l’ingegnere, può sbagliare anche il procuratore”. Dal 1989, conduce una vita di privazioni, ma è sereno e soddisfatto di servire lo Stato. Uno dei rari momenti che dedica alla sua vita personale riguarda l’amata terra. “E’ la mia terapia. Coltivo bergamotto, faccio l’operaio la domenica. Tempo fa, proprio di domenica, mentre lavoravo sul trattore, mi ha chiamato un ministro, ma io ho detto che in quel momento non potevo. Mi piacerebbe fare un giro in moto, in bicicletta. Ma se dovessi tornare indietro farei tutto quello che ho fatto, ed anzi, di più vista l’esperienza accumulata. Il mio sogno sarebbe quello di liberare questa terra, dare speranza e fiducia alla gente. La parte bella del mio lavoro? Non c’è nessuno sopra la mia testa. Devo rispondere solamente alla legge”.

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