Pasqua, il messaggio del vescovo: «Gesù migrante come i morti di Cutro tra le onde»
Monsignor Nostro nella lettera rivolta ai fedeli sottolinea anche come la tragedia di Cutro sia «la storia di un mancato appuntamento con il soccorso, la salvezza e l’amore»
È tutto incentrato sulle azioni dei tanti personaggi che popolano le scene della Passione di Cristo, «spaccato della nostra stessa umanità», il messaggio pasquale inviato dal vescovo Attilio Nostro ai fedeli della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea. Il presule parte dai «gesti terribili» compiuti da Giuda, Pietro e Pilato per chiedersi “perché la nostra umanità sceglie così spesso di trasformare la bellezza in tradimento e morte? Il primo tradisce il Figlio di Dio con un bacio. Al riguardo monsignor Nostro sottolinea come proprio con un bacio soffiato nelle narici di Adamo «Dio creatore ha reso l’uomo un essere vivente», e come, al contrario, in Giuda il peccato trasforma «questo gesto d’amore in uno di inaudita violenza che non ha potere creativo ma distruttivo». Pietro lo fa, invece, rinnegando di conoscere Gesù, una cosa che anche noi facciamo «quando ci dimentichiamo di essere stati amati e perdonati e di appartenere a Gesù, che per noi ha versato il suo sangue su quella Croce dalla quale ha pregato il Padre intercedendo per noi». Pilato, infine, lascia che venga condannato un innocente. «Siamo circondati – prosegue il vescovo – da persone che tutti i giorni vengono condannati dalle nostre chiacchiere sferzanti, dai nostri giudizi saccenti, dall’ironia denigrante. Non possiamo e non dobbiamo rassegnarci a vedere questa flagellazione di parole distruttive pensando che non sia nostra responsabilità opporci a tutta questa bruttura». [Continua in basso]
Nel suo messaggio il vescovo concentra poi l’attenzione sui «gesti bellissimi” presenti nella Passione. In primis su Simone di Cirene, che «aiuta Gesù verso il Calvario. È un migrante – afferma – come quei poveri disperati che a Cutro hanno incontrato la morte in mezzo alle onde di un mare che doveva condurli alla salvezza. È lui, un migrante trattato come uno schiavo, che incrocia Dio sulla sua strada. Simone non è anonimo agli occhi di Gesù, che sapeva che lo avrebbe incontrato e che avrebbe cambiato per sempre la sua vita. La tragedia di Cutro è la storia di un mancato appuntamento con il soccorso, con la salvezza e con l’amore. A volte anche la nostra storia è una storia di appuntamenti mancati con Dio, con la bellezza di quell’amore che, solo, può sollevare dall’anonimato la nostra vita e renderci unici come Gesù, il buon samaritano che cura le ferite dell’uomo e fascia le sue piaghe». Altro gesto bellissimo è compiuto dal buon ladrone che «approfitta per chiedere. Mi è sempre piaciuta – sottolinea in questo caso monsignor Nostro – la faccia tosta di questo ladro che compie un ultimo, meraviglioso furto: “ruba” a Gesù la vita eterna! Un gesto di una persona che osa fare un ultimo tentativo: raddrizzare una vita che non l’ha mai soddisfatto in pienezza. Lo sa, lo riconosce, lo ammette e sconfessa sé stesso dichiarando la propria morte come “giusta”».
Per il presule, tuttavia, il gesto più bello di tutti viene compiuto proprio da Gesù quando «offre sé stesso al Padre. Gesù non ha bisogno di rubare, ma offre, dona sé stesso al Padre nella Croce che rappresenta la cosa più bella che l’umanità abbia mai visto! Mi tornano alla mente le parole di Cristo in quella specie di “elegia funebre” che lui pronuncia in occasione della cattura di Giovanni Battista: “cosa siete andati a vedere nel deserto?” Era evidente che non avevano capito quel che avevano visto. Così anche qui. Cosa abbiamo visto? Un uomo coperto di sangue, di dolore e di odio? Solamente questo abbiamo visto? No, qui vediamo il “più bello tra i figli dell’uomo». Nella lettera, viene anche ricordato il gesto bello del centurione, che «vede tutta questa bellezza e riconosce che questo è Dio», e, soprattutto, quello di Maria di offrire «il Figlio suo per tutti noi. Tutto questo già lo sapeva – aggiunge il vescovo – ma vedere con i propri occhi che cosa può fare l’amore non l’aveva visto mai nemmeno lei. Suo figlio ha creato una via nuova: adesso la vita può davvero trionfare sulla morte; adesso il perdono può essere più forte del giudizio, dell’odio, della morte stessa! Maria, sotto quella Croce, sa e vede che il Figlio di Dio, suo figlio Gesù che lei ha portato in grembo, porta ora nel suo grembo tutti noi e ci conduce al Padre». Il messaggio si conclude ringraziando la Madonna per il suo sì espresso all’Arcangelo e sotto la croce e per essere divenuta la madre di tutti. Infine, la richiesta di aiuto affinché, tra l’altro, ognuno riconosca suo figlio nel migrante.
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