Il Cor (ro) sivo | Maurizio Costanzo e un vibonese al Parioli in un Paese di caricature e macchiette
Fotografia di un’Italia che sfilava su un palco diretto da un grande anfitrione nel ricordo di un giovane dai capelli brizzolati…
di Roberto Maria Naso Naccari Carlizzi
La dipartita di Maurizio Costanzo mi riporta alla memoria i miei anni universitari a Roma, i miei vent’anni e due figure placcate d’oro, dai, quando partecipavo tra il pubblico del Maurizio Costanzo Show. Che risate, che divertimento. All’epoca non c’erano gli smartphone e probabilmente si viveva appieno la presenza, senza distrazioni. Guarda chi c’è! Hai visto in prima fila? In verità le prime volte che andavo quasi mi sentivo in colpa. Robé, stai a Roma per studiare e vai in giro a fare il cazzone, a perdere tempo? Poi mi passò. Ricordo tantissime puntate, tantissime volte vidi la De Filippi. Una volta Maria si sedette a lato. Fumava anche in teatro. Fumava l’ira di dio e l’odore di nicotina la precedeva, ancor prima che varcasse le tende in velluto rosso. Era ed è sempre gentile e sorridente, alla mano, anche con noi che non eravamo alla fin fine nessuno mischiato con niente.
Ricordo uno dei responsabili del servizio d’ordine, visibilmente calvo, un giorno in cui tardavano gli ingressi, fuori c’era na certa Giannella, lo apostrofai: “a bella chioma, facci entrare che fa freddo!” Lui rise e con lui anche i numerosi astanti in attesa di riempire le poltroncine del Teatro Parioli. Il pubblico era variegato, venivano da ogni parte d’Italia, c’era se non ricordo male anche un’agenzia che offriva questo genere di servizio. Tra tanta umanità accalcata, trovavi le mattine impellicciate e ingioiellate, tanta gente semplice e molti vestiti in modo stravagante, certamente per fare colpo, data anche la possibilità sovente di interagire con gli ospiti e col padrone di casa. Ogni tanto si rimediavano gli ingressi vip, e si bypassava la fila, con una certa prosopopea da cazzone presuntuoso passavi davanti al plebeo stuolo di astanti e entrando prima, avevi la possibilità di alloggiare nelle poltroncine a ridosso delle prime file. La prima volta che entrai al Parioli, grande fu la mia delusione, in Tv sembrava enorme, dal vivo molto più piccolo, era praticamente quanto la sala da pranzo di mia nonna al piano nobile, quando organizzava i suoi pranzi luculliani che oggi tanto mi mancano. E quanti personaggi famosi oggi, sconosciuti all’epoca ci sono passati accanto, oltre ai potenti dell’epoca, i famosi famosi e quelli che per ignoranza manifesta non riconoscevamo manco quando ce lo spiegavano. Qualche foto sbiadita è probabilmente sopravvissuta, certamente per merito di Max Massimiliano Messina e non metto la mano sul fuoco, ma penso anche di Alfonso Pentella.
Con Max imperversavo anche al Teatro Margherita dove ormai avevamo conosciuto tutta la gerarchia del sottobosco teatrale (che ne sapeva più dei direttori artistici e degli impresari), più lui che io, Max aveva e ha una vocazione innata per farsi accogliere da tutti, io invece continuo a stare sulle balle a tutti: sono talenti. E in ordine sparso si era diventati familiari (nel senso che ormai si ricordavano di noi) degli imitatori di Andreotti, mi pare impersonato da Leo Gullotta, Craxi e compagnia bella, e soprattutto del corpo di ballo, di cui ho più vivida memoria. Ero invaghito di una ballerina, la quale giustamente e non la biasimo, manco mi vedeva. Anni belli, ma più che altro eravamo giovani e forse questa era la cosa straordinaria, oggi con i capelli brizzolati, ci sembra chissà che cosa, ma non è stato nulla, solo la nostra gioventù che è sfumata con dietro lo sfondo di una Italia che sfilava su un palco diretto da un grande anfitrione. E noi testimoni, ieri come oggi e senza possibilità di cambiare certamente nulla, manco con il voto, questo Paese di caricature e macchiette, puttane e saltimbanchi, senza talento e impostori, direttori d’orchestra oltre a tante semplici inutili comparse, proprio come me …
Ciao Maurizio