Un “progetto di vita” per dieci famiglie vibonesi: storie di ordinario disagio per chi ha un figlio autistico – Video
In pochi hanno avuto accesso ai servizi attivati dal Comune di Vibo. A dicembre il programma ha subito un’interruzione di due settimane e c’è il timore che non venga rinnovato per tempo alla scadenza annuale. E intanto sessanta famiglie sono ancora in lista e attendono di vedersi riconosciuto un diritto
Un anno fa il Tar della Calabria condannava il Comune di Vibo Valentia per inadempimento nella predisposizione e realizzazione di un Progetto di Vita, richiesto ai sensi dell’art. 14 della Legge nazionale 328/2000 e dell’art. 6 della Legge Regionale 23/2003, per un minore con disturbo dello spettro autistico. Una vittoria per tante famiglie che a seguito della sentenza hanno potuto beneficiare di un diritto che a certe latitudini bisogna rivendicare con forza. E così anche Lorenzo, 9 anni, è entrato a far parte del programma che gli consente di accedere ad una serie di servizi che lo accompagnano nella crescita.
«A luglio dello scorso anno – racconta Vittoria, la mamma di Lorenzo – abbiamo firmato la convenzione con il Comune di Vibo Valentia. A settembre son partiti i primi progetti». [Continua in basso]
Solo 10 le famiglie beneficiarie del “Progetto di Vita”, altre 60 attendono ancora di entrare a far parte del programma. In attesa da anni di potere offrire ai loro figli il diritto alle cure e alla socialità. Il programma prevede infatti una serie di servizi che vanno dalle cure mediche all’assistenza domiciliare fino al trasporto scolastico e le attività sportive. «Ci riteniamo fortunati noi – spiega Vittoria – fino a settembre ci siamo accollati una spesa mensile di oltre mille euro. Non è stato semplice. Ma mio figlio ha il diritto a vivere una vita come tutti gli altri bambini. Abbiamo fatto enormi sacrifici. Ancora oggi attendiamo di potere usufruire del servizio di trasporto sociale. Servizio che sarà attivato dal Comune, almeno così mi hanno garantito, la prossima settimana. Nel frattempo Lorenzo sta frequentando un corso di nuoto a Pizzo a spese della famiglia. I bambini con lo spettro dell’autismo non devono solo fare terapia, ma devono avere la possibilità di svolgere le attività così come fanno i loro coetanei. Devono essere educati all’autonomia».
L’avvio del progetto di Vita è un traguardo importante che però ha bisogno di continuità: «A dicembre scorso – spiega mamma Vittoria – il programma è stato sospeso per due settimane. Niente assistenza domiciliare e niente sostegno a scuola. È stato il caos – ammette Vittoria -. Un’interruzione inaccettabile per un bambino autistico che scandisce in modo schematico le ore delle giornate». Ci mostra la tabella delle attività affissa davanti a una parete. «I nostri bambini hanno bisogno di seguire un cronoprogramma dettagliato. Si preparano ad ogni attività e la seguono con entusiasmo. Interrompere le cure è un danno». Il timore che non appare del tutto infondato è che si possano verificare analoghe interruzioni. «Le due settimane di stop ho chiesto all’educatrice di continuare con la terapia domiciliare. Ho pagato io le cure per non destabilizzare mio figlio. A luglio termina il programma annuale. Spero che gli uffici del Comune di Vibo predispongano per tempo il rinnovo senza interruzione».
Accanto a lei, un’altra mamma di San Gregorio d’Ippona. Sua figlia Aurora, 8 anni, con un livello di autismo grave, non è ancora rientrata nel programma. Eppure la domanda è partita lo stesso giorno di due anni fa. «Non a tutti è concesso lo stesso diritto», dice amareggiata la donna. Anche lei fa parte dell’Associazione “Io autentico” del presidente Enrico Mignolo. Associazione, quest’ultima, divenuta col tempo un punto di riferimento per tante famiglie del Vibonese. Ha presentato tutta la documentazione. È in lista come altre 60 famiglie che attendono di vedersi riconosciuto un diritto ad oggi ancora negato. «Mio marito è un muratore, io mi occupo di Aurora. Non è facile», ammette. «Spendiamo circa 900 euro al mese di terapia e quant’altro». All’età di due anni e mezzo a sua figlia è stato diagnosticato l’autismo. «La diagnosi è stata fatta a Matera. In Calabria – aggiunge – non esiste la neuropsichiatria e noi genitori siamo costretti a fare i viaggi della speranza per avere diagnosi e cura. Oltre ad affrontare la patologia dei nostri figli, le istituzioni devono capire che dobbiamo far fronte a spese ingenti. E i soldi non sempre sono sufficienti. Ma i nostri figli hanno bisogno di supporto e noi non possiamo tirarci indietro», conclude la donna.
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