Halloween, i legami con la Calabria e il Vibonese negli studi dell’antropologo Lombardi Satriani
Lo studioso originario di San Costantino di Briatico aveva parlato delle contaminazioni tra flussi migratori delle popolazioni meridionali nelle Americhe. Tra le tradizioni della nostra terra, anche il “Coccalu di muortu” di Serra San Bruno
di Anna Foti
Con le migrazioni, viaggiano le persone e anche il loro bagaglio culturale fatto di tradizioni, usanze e sentimenti popolari. È il caso della festa di Halloween, che oggi conosciamo per aspetti marcatamente commerciali e “spaventosi” acquisti nella sua declinazione americana. Una festa che, invece, è frutto di contaminazioni innescate dai flussi migratori delle popolazioni italiane meridionali nel Nuovo continente. Ad averlo affermato è stato l’antropologo vibonese, Luigi Lombardi Satriani, già ordinario di Etnologia all’Università La Sapienza di Roma e docente di Antropologia culturale all’Università di Napoli, scomparso proprio lo scorso maggio all’età di 85 anni. La festa per come oggi la conosciamo, pur avendo perduto la sua profonda dimensione emotiva e spirituale, si mostra comunque in linea con il desiderio di non perdere ogni contatto con i cari estinti e di stabilire un canale di comunicazione. [Continua in basso]
Halloween, una festa di ritorno
«In America Halloween era stata portata precedentemente, prima di tutto questo, dai nostri emigranti meridionali (oltre a quelli di altre nazionalità). E quindi la presunta importazione dall’America è un viaggio di ritorno della festa, mentre quello di andata è presumibilmente quello che va dal sud Italia agli Stati Uniti». Lo ha sostenuto Luigi Lombardi Satriani, originario di Briatico, in provincia di Vibo Valentia, intervistato tempo fa dal ricercatore del centro di inchieste multidisciplinari e interculturali dell’University College di Londra, Marco Benoît Carbone. Lombardi Satriani ha spiegato come la festa di Halloween si sia fortemente sviluppata nella società americana, tornando in Italia dal Secondo dopoguerra. Le sue radici sarebbero, dunque, riconducibili al Sud Italia.
«Ogni volta che si avvicina la festa di Halloween si sente parlare di una festa “americana” innestata in Italia come mera importazione statunitense. Questo è un errore storiografico e culturale», spiegava ancora l’antropologo calabrese, a seguito del lavoro di approfondimento condotto sul tema della morte e del culto dei cari estinti presenti nella cultura contadina e poi confluito nel volume “Il ponte di San Giacomo. L’ideologia della morte nella società contadina del Sud”. Il volume è stato scritto a quattro mani con Mariano Meligrana, nato a Napoli, ricercatore di Storia delle tradizioni popolari nell’Università di Messina deceduto a Parghelia nel 1982. Il libro fu pubblicato per la prima volta con i caratteri di Rizzoli nel 1982, anno in cui si aggiudicò il premio Viareggio, sezione Saggistica, e successivamente anche con altre case editrici fino all’ultima edizione curata da Sellerio Palermo nel 1989.
Le tradizioni a Serra San Bruno
Lo studio invita alla riscoperta di riti e tradizioni calabresi incentrati sul desiderio di non perdere completamente le persone care defunte, non in chiave macabra e terrificante ma come nuova occasione di ‘incontro’ con i propri cari e di riflessione sul distacco dalle persone amate, sulla vita e sulla morte. Inestricabile si conferma, anche in questa occasione, l’intreccio tra usanze pagane e tradizioni segnatamente religiose. La Calabria non è solo la terra delle Magare di San Fili ma anche quella del ”Coccalu di muortu” di Serra San Bruno, patria della mistica Certosa, animata dai bambini e ragazzini che con un teschio intagliato sul guscio della zucca bussavano casa per casa per domandare un’offerta per l’anima dei morti, chiedendo: ”Mi pagate il coccalu?”. Per approfondire continua a leggere su LaCnews24.it
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