giovedì,Novembre 28 2024

Vibo Valentia: quando sei precario da anni e «la vita ti toglie anche il sorriso e ti fa sentire inutile»

Fortunato Greco torna a denunciare la situazione dei lavoratori della provincia vibonese appartenenti alla ex legge regionale 15, contrattualizzati, a suo tempo, con Azienda Calabria Lavoro

Vibo Valentia: quando sei precario da anni e «la vita ti toglie anche il sorriso e ti fa sentire inutile»

Non è la prima volta che Fortunato Greco denuncia pubblicamente la propria condizione di lavoratore precario. Ha 53 anni e da oltre venti fa parte del limbo degli invisibili. Quelli di cui nessuno si preoccupa, che tanti ignorano, che altri non conoscono nemmeno. Da tempo Fortunato è in servizio temporaneo al Comune di Vibo Valentia.  Ci va tutte le mattine per poche ore alla settimana e per uno stipendio da fame, quello che spetta a fine mese ai precari della provincia vibonese appartenenti alla ex legge regionale 15, contrattualizzati, a suo tempo, con Azienda Calabria Lavoro, e oggi in attesa di una stabilizzazione che non arriva mai. A inizio luglio, infatti, dalla Regione è arrivata «l’ennesima sconfitta, l’ennesima delusione». Vista la scadenza imminente dei contratti, si è deciso per una ulteriore proroga, definita “tecnica”, della durata di ulteriori sei mesi. «Qualcuno – ha scritto Fortunato tempo addietro – mi dà la colpa di mettere il mio nome sul giornale come se mi volessi fregiare chissà di cosa, altri mi dicono che consumo fiumi di inchiostro senza che ce ne sia in realtà bisogno. Ma io continuo, insieme alla mia solitudine, la mia battaglia perché penso che tutte le persone di questo mondo, compresi noi, abbiano il diritto di vivere una vita dignitosa. Noi precari non siamo diversi, siamo persone come le altre». [Continua in basso]

«Questa attesa mi logora dentro, mi prende la vita»

E oggi Fortunato ritorna a scrivere dalla sua pagina Facebook. E le sue sono parole sempre amare, cariche di infinta tristezza, solitudine. Che denunciano senza mezzi termini il forte malessere che quotidianamente pervade chi non ha certezze occupazionali: «La precarietà lavorativa è fatta di attesa – annota il lavoratore – Questa attesa mi logora dentro, mi prende la vita, non mi fa stare sereno, mi ha tolto il sorriso, mi sta facendo sentire inutile per me e per chi mi circonda. Quando mi sveglio spero che il giorno che mi accingo ad affrontare possa essere quello giusto, ma poi arriva il tramonto e mi ritrovo che non è successo nulla di quello che io mi aspettavo. Però cerchi comunque di essere positivo perché pensi che il giorno giusto sia domani, ma il domani è peggio del giorno prima. E così – rimarca Fortunato – dopo tanti giorni, tanti mesi, tanti anni mi accorgo che di nuovo non c’è nulla, guardandomi intorno vedo che la mia vita sta passando velocemente ed io sono ancora qua ad attendere che la mia vita lavorativa cambi, facendomi uscire dopo ventidue anni da questo mondo di precarietà. Volevo solo essere un po’ sereno, volevo potermi fare una semplice passeggiata con la mia compagna regalandogli un sorriso. Volevo poter guardare i miei genitori con uno sguardo diverso donando loro un sorriso, volevo poter abbracciare i miei nipoti, le mie sorelle e gioire con loro anche per una semplice battuta. E, invece, nulla di tutto ciò. Forse – questa l’amara conclusione del lavoratore – la mia vita non è questa. Il lavoro rende le persone dignitose, la precarietà le distrugge».

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