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Strage di via D’Amelio, 30 anni dopo a Limbadi il convegno su Paolo Borsellino

L’evento, organizzato dall’assessorato alla Cultura e dalla Biblioteca comunale, per celebrare il lavoro ed il sacrificio del noto magistrato assassinato da Cosa Nostra

Strage di via D’Amelio, 30 anni dopo a Limbadi il convegno su Paolo Borsellino
Sullo sfondo la Strage di Via D'Amelio, nel riquadro Paolo Borsellino
Paolo Borsellino

Nel giorno dei trent’anni dalla strage di via D’Amelio, in cui persero la vita il magistrato Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, il Comune di Limbadi, con il supporto della biblioteca comunale, ha organizzato un evento dal nome “19 luglio 1992-19 luglio 2022, Storia di un eroe: Paolo Borsellino”.
L’evento si è tenuto nella sala convegni del Municipio. I saluti iniziali sono stati affidati al sindaco Pantaleone Mercuri e all’assessore alla Cultura e vicesindaco Alessandra Limardo. Nel corso della serata, sono intervenuti Saverio di Bella (giornalista, storico ed ex senatore) Giuseppe Borrello (coordinatore provinciale dell’associazione “Libera contro le mafie”) e Nicola Rombolà (docente e giornalista). L’evento è stato moderato da Stefano d’Apa, direttore della biblioteca comunale di Limbadi. [Continua in basso]

Alessandra Limardo

Il vicesindaco e assessore alla cultura Alessandra Limardo, soffermandosi sulle parole pronunciate dal magistrato secondo cui la mafia si combatte, oltre che con la repressione, anche con un «movimento culturale e morale che coinvolga tutti, in particolare le giovani generazioni», ha ricordato il progetto “Leggere contro le mafie” attuato dalla scuola secondaria di primo grado di Limbadi e dall’associazione Libera, con la collaborazione del Comune. Ha quindi annunciato un nuovo progetto sulla legalità che si realizzerà nel prossimo anno scolastico e che vedrà l’istituzione della prima borsa di studio intitolata a Matteo Vinci. In sala presenti anche i genitori di Matteo, commossi per l’iniziativa.

Il coordinatore provinciale dell’associazione antimafia Libera, Giuseppe Borrello, è quindi intervenuto sottolineando che «dopo 30 anni non abbiamo una verità assoluta, ma siamo ancora di fronte al depistaggio più grande della storia repubblicana. È quindi necessaria una maggiore responsabilizzazione della politica anche rispetto alla riforma della Giustizia che contrasta i valori sostenuti da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ricordare i martiri della strage di Capaci e via d’Amelio vuol dire non dimenticare chi oggi porta avanti con determinazione e coraggio la lotta contro le mafie: a noi tocca esprimere tutta la nostra vicinanza a persone come il procuratore Gratteri, ma anche Carmine Zappia che con la sua denuncia non ha voluto abbassare la testa all’arroganza ‘ndranghetista».

Inoltre, il coordinatore di Libera ha voluto fare una precisazione  sul “fresco profumo di libertà” al quale fece riferimento Paolo Borsellino: «Noi quel profumo lo abbiamo sentito forte nel territorio vibonese in occasione dell’operazione Rinascita Scott, quando interi territori della nostra provincia sono stati letteralmente liberati dalla presenza asfissiante della criminalità organizzata ed il 24 dicembre del 2019, a pochi giorni dall’operazione, con l’iniziativa “Vibo Valentia finalmente Libera”, quando migliaia di cittadini, con il pretesto di ringraziare le forze dell’ordine e la magistratura per l’imponente operazione, sono scesi in piazza per mostrare il volto pulito di questo territorio. Un fresco profumo di libertà – ha continuato il rappresentante di Libera – che proprio a Limbadi è possibile sentire forte grazie al riutilizzo sociale delle strutture confiscate alla ‘ndrangheta e che ormai vengono utilizzate dall’associazione San Benedetto Abate per creare momenti di formazione, incontro e confronto».  

Infine, Giuseppe Borrello ha chiuso ricordando Rita Atria, la testimone di giustizia suicidatasi il 26 luglio del 1992 a pochi giorni dalla morte di Paolo Borsellino, che rappresentava per lei un punto di riferimento fondamentale dopo la scelta di entrare nel programma di protezione. Nel ricordare il sacrificio di questa giovane donna, il coordinatore provinciale di Libera ha fatto riferimento alla necessità che prima di sconfiggere la mafia che sta intorno a noi è necessario sconfiggere la mafia dentro di noi «così da non morire ogni giorno per le nostre scelte sbagliate». [Continua in basso]

Saverio Di Bella
Saverio Di Bella

Lo storico ed ex senatore Saverio Di Bella ha poi denunciato 30 anni di depistaggi con la complicità di uomini dello Stato, accusandoli di un sistematico tradimento della Costituzione e quindi del giuramento di fedeltà. Ha spiegato che il problema della mafia e dei poteri criminali hanno un’origine lontana, a partire dalla strage di Portella della Ginestra del 1 maggio del 1947: «Leonardo Sciascia ha affermato che un Paese senza verità è un Paese senza democrazia. In merito, allargando l’orizzonte sui motivi che hanno creato le condizioni sociali per la proliferazione delle organizzazioni criminali, in primo piano c’è l’intreccio tra poteri istituzionali e poteri delinquenziali. Quindi la vicenda dei continui depistaggi in relazione alla strage di via D’Amelio è un fatto gravissimo per una Repubblica che si vuol definire democratica. Ecco perché ci sono molti punti oscuri nella nostra storia – ha continuato Saverio Di Bella – che hanno portato diversi responsabili delle forze dell’ordine e della politica a praticare una sistematica corruzione e un degrado etico, civile e politico che si riflette sulle condizioni sociali della popolazione, che vive di discriminazioni, sottoposta a disagi gravi, come il problema alfabetico, della mancanza di cultura e istruzione».

Di Bella ha poi continuato affermando che «la vicenda di Paolo Borsellino e di Giovanni Falcone, nonchè delle loro stragi, dei depistaggi – come si è visto con i processi che dopo sentenze definitive si sono dovuti riaprire – ci dicono che la democrazia in Italia è sotto attacco già da molti anni per favorire interessi che sono in contrasto con i valori e i principi della Costituzione. Quindi dietro la mafia ci sono poteri occulti – ha concluso lo storico – che si sono insinuati nelle istituzioni e che inquinano la verità, i processi democratici, la crescita del sentimento civile e la fiducia nella giustizia».

Nicola Rombolà ha infine proposto di intitolare una piazza o un edificio comunale a Rita Atria, ponendo poi l’attenzione sulla questione antropologica del «perché si genera nell’essere umano la disumanità che ha portato uomini della criminalità e delle istituzioni a compiere dei massacri e dei crimini efferati». Infine, il docente si è soffermato sull’importanza di riflettere e di alimentare la cultura della bellezza attraverso la coltivazione dei sentimenti umani.

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