Vibo Valentia: «Io, precario e la mia battaglia per il diritto di tutti a una vita dignitosa»
Salta la stabilizzazione per i lavoratori del Vibonese appartenenti alla ex legge regionale 15. La Cittadella decide diversamente per il loro futuro occupazionale. E così arriva l’ennesima beffa
Lui si chiama Fortunato Greco. Ha 53 anni ed è in servizio temporaneo al Comune di Vibo Valentia. Un uomo mai diventato lavoratore. Da oltre venti anni è un precario, come tanti, troppi. Una vita trascorsa tra gli invisibili. Ad aspettare proroghe su proroghe, ad ascoltare bugie travestite da promesse, a stringere mani che poi hanno tradito, a guardare volti prima amici e poi diventati indifferenti. E così quando si rimane da soli con il proprio fardello di preoccupazioni è il «disagio» che si sente dentro come una lama sottile a bussare alla porta per ricordare che «stai vivendo in un limbo profondo di una precarietà che sembra essere senza fine». Il resto è fatto di «amarezza, delusione e rabbia». Ma Fortunato Greco non ha alcuna «vergogna» di raccontare pubblicamente ciò che è e quello che prova. Nel recente passato si è rivolto alla stampa altre volte per denunciare una situazione ormai divenuta insostenibile per i 67 precari della provincia vibonese appartenenti alla ex legge regionale 15 e contrattualizzati, a suo tempo, con Azienda Calabria Lavoro.
Tradotto: un salario da fame e pochissimi diritti. Probabilmente nessuno. Al lavoro, da oltre venti anni, si va per una manciata di ore settimanali. Tanto basta per rubare il futuro e creare un presente pieno di fragilità e insicurezze. Paure. E oggi – come si leggerà più avanti – che la stabilizzazione sembrava essere vicina, a un passo quasi dal toccarla, la decisione della Regione Calabria è stata un’altra. La Cittadella ha deciso un futuro occupazionale diverso per questi lavoratori. Ennesima proroga. Ulteriore beffa. [Continua in basso]
«Il diritto di vivere una vita dignitosa»
«Qualcuno – riferisce l’interessato – mi dà la colpa di mettere il mio nome sul giornale come se mi volessi fregiare chissà di cosa, altri mi dicono che consumo fiumi di inchiostro senza essercene in realtà bisogno. Ma io continuo, insieme alla mia solitudine, la mia battaglia perché penso che tutte le persone di questo mondo, compresi noi, abbiano il diritto di vivere una vita dignitosa. Noi non siamo diversi, siamo persone come le altre». Il 22 giugno scorso il Consiglio dei Ministri ha deliberato di non impugnare la legge della Regione Calabria numero 11 del 6 maggio scorso contenente le “Modifiche alla legge regionale del 25 giugno 2019, numero 29 (storicizzazione risorse del precariato storico)”, che avrebbe dovuto condurre il precariato entro un percorso di stabilizzazione che comprendesse proprio i lavoratori del Vibonese rientranti nella legge regionale del 13 giugno 2008 numero 15, riconoscendo così ai precari contrattualizzati con Azienda Calabria Lavoro da più di 24 mesi a tempo determinato, il diritto alla trasformazione del contratto a tempo indeterminato.
«L’ennesima sconfitta, l’ennesima delusione»
«Attendavamo tale legge da ben sei mesi, e per questo ringrazio il consigliere regionale Michele Comito, – racconta ancora Fortunato Greco – la nostra gioia quel giorno era immensa perché finalmente la Regione Calabria aveva gli strumenti necessari per poter dare dignità a tutti i precari appartenenti a questa legge con un contratto a tempo indeterminato. Invece, pochi giorni fa abbiamo avuto l’ennesima sconfitta, l’ennesima delusione. Vista la scadenza imminente dei nostri contratti, si è deciso per una ulteriore proroga, che hanno definita “tecnica”, della durata di ulteriori sei mesi. Non posso nascondere la mia delusione, la mia rabbia. Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno remato contro la nostra stabilizzazione facendoci avere questa ennesima proroga pur avendo tutti i requisiti per una stabilizzazione, perché a loro interessa un altro tipo di precariato molto più ampio e molto più corposo e non certo il precariato della ex legge 15 della provincia vibonese. Grazie per averci regalato l’ennesima delusione. E grazie per averci spinto nell’abisso di un buio precariato. Continuando così – queste la triste conclusione del lavoratore – noi non ne usciremo mai vittoriosi».
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