Università e organizzazioni criminali: fra i relatori anche il comandante Nazzareno Lopreiato
Incontri negli Atenei di Palermo e Messina con docenti, professori e magistrati. Molti gli ospiti arrivati pure dalla Germania. Ecco parte dell’intervento dell’attuale comandante della 2^ Compagnia All. Carabinieri di Reggio Calabria, già alla guida della Stazione di Vibo Valentia
The evolution of Criminal Organizations in the Digital World: New Investigative Tools and new risks for fundemental rhights” ovvero “L’evoluzione delle organizzazioni criminali nel mondo digitale”. Questo il titolo del convegno con autorevolissimi relatori che si è tenuto all’Università di Messina e poi all’Università di Palermo. Fra loro anche l’ex comandante della Stazione dei carabinieri di Vibo Valentia, Nazzareno Lopreiato, attualmente comandante della 2^ Compagnia All. Carabinieri di Reggio Calabria, accanto a importanti studiosi della materia come il professore Stefano Ruggeri, docente di procedura penale all’Università di Messina, o il pm della Dda di Messina Fabrizio Monaco. Fra i presenti, anche Patrick Portner dell’Università di Osnabruck, in Germania, oltre a numerosi docenti delle Università di Palermo e Messina. Tema di grande attualità e particolarmente apprezzata è stata proprio la relazione del comandante Nazzareno Lopreiato che ha posto all’attenzione dei presenti il nuovo sistema di impresa “Ibrido criminale” che viaggia tra una forma associativa e una vera struttura imprenditoriale. Vere e proprie “holding del malaffare”, dunque, che assumono lo strumento societario per i propri fini, disponendo di enormi quantitativi di denaro proveniente da attività criminali (traffico di droga internazionale, di armi, estorsione, riciclaggio, usura) che spiazzano la concorrenza. «Al tal fine, lo strumento privilegiato per infiltrarsi nell’economia legale – ha ricordato Lopreiato – e nello stesso tempo per il controllo del territorio è uno solo: la corruzione». [Continua in basso]
«Da numerose indagini e accertamenti processuali è stato acclarato che l’imprenditore, il politico, l’amministratore con drammatica frequenza – ha sottolineato il comandante Lopreiato – sono i primi beneficiari di un sistema simile; un sistema non più intimidatorio, ma clientelare. Per dirlo con altre parole, le organizzazioni criminali hanno ben compreso l’efficacia della corruzione come mezzo di infiltrazione: il pactum sceleris non fa vittime, crea complici. Partendo da queste premesse, parlando di strumenti investigativi di contrasto alla criminalità organizzata, sicuramente quello privilegiato, insostituibile e prezioso è l’intercettazione telefonica-ambientale-telematica. Questo mezzo di ricerca della prova, anche se realizzabile mediante l’introduzione, necessariamente clandestina, in abitazioni ed altri luoghi di privata dimora per l’istallazione degli strumenti di ascolto e registrazione, e quindi con limitazione alle libertà di segretezza e di domicilio, trova giustificazione nelle superiori esigenze di giustizia.
Quale ufficiale di polizia giudiziaria – ha spiegato il comandante – sono consapevole che le indagini non possono e non devono ridursi a tale strumento di ricerca della prova. In più di qualche processo, l’identificazione della persona arrestata è stata effettuata attraverso il riconoscimento vocale da parte dell’operatore preposto all’ascolto delle intercettazioni. Con il rischio che in sede processuale non si superi il vaglio dell’organo giudicante o, peggio ancora, ci possono essere degli errori di identificazione.
Le basi di una buona indagine devono essere gettate nel momento dell’acquisizione della “notitia criminis”, quando c’è il contatto diretto con la persona offesa. [Continua in basso]
E’ in quella sede che si devono creare le condizioni per una comprensione intellettuale ed empatica. La prima si concentra sui fatti, si indaga come stiano realmente le cose e ricostruisce l’esatta dinamica dell’evento; la seconda, più sottile e complessa di quella intellettuale, richiede una sensibilità molto fine e rara per essere attuata. In quella sede il contatto con la vittima deve essere profondo e cercare, a differenza delle intercettazioni delle conversazioni telefoniche o ambientali, di relazionarsi ricorrendo alla prossemica, in modo da intercettare il non detto. Soltanto allora si può capire quale mezzo di ricerca della prova si dovrà percorrere per raccogliere elementi non altrimenti conseguibili. È evidente che si deve predisporre il tutto affinché, quanto appreso possa essere investigato compiutamente e quindi spendibile processualmente. La ‘ndrangheta ha una grande capacità espansiva anche lontano dai luoghi di origine. Si stanzia prepotentemente su un territorio – ha sottolineato Lopreiato – si consolida ed allunga vertiginosamente i suoi tentacoli, ingenerando nella popolazione civile un clima di forte intimidazione. È anche vero però che ormai la ‘ndrangheta subisce quotidianamente sconfitte. La ‘ndrangheta si può sconfiggere con i comportamenti quotidiani di tutti gli onesti e, soprattutto, quando non si avvertirà più il timore di esprimere liberamente il proprio pensiero di fronte ai suoi esponenti.
La lotta alla ‘ndrangheta, come sta avvenendo attualmente, si fa attraverso l’aggressione alle sue ricchezze. Il vero problema emergente è il ricorso al riciclaggio attraverso criptovalute quali Bitcoin e, più recentemente, i Monero che non consentono il tracciamento e sfuggono al monitoraggio bancario. Quello che si avverte è la mancanza di una regolamentazione legislativa globalizzata per questi fenomeni. Ancora in Calabria si può cogliere una forte solidarietà verso il mafioso, anziché verso le istituzioni. Infine, bisogna comprendere – ha concluso il comandante Loipreiato – che tutti non possiamo essere solo testimoni della Storia, dobbiamo invece essere protagonisti: dobbiamo anche noi contribuire a fare esplodere questa primavera che si incomincia ad avvertire in Calabria. Riusciremo ad essere protagonisti solo se saremo intransigenti con noi stessi ed intolleranti verso qualunque forma di sopruso».