Covid nel Vibonese: le storie di nonno Alfredo e papà Giuseppe, vite spezzate da un virus invisibile – Video
Da inizio pandemia 2.197 sono state le vittime. Solo in Calabria. Uomini e donne che oggi vengono ricordati in occasione della Giornata nazionale in memoria delle vittime del Coronavirus
Ci sono vite dietro ai freddi numeri dei bollettini. Vite umane spezzate dal Covid: nonni, nonne, papà, mamme, fratelli, sorelle e figli. Il virus se li è portati via lasciando un vuoto incolmabile e tanti perché: «Se ci fosse stato il vaccino, forse mio nonno sarebbe ancora qui», dice Vincenzo Greco, 23 anni, studente universitario. Ne è convinta pure Maria Maiolo, giovane scrittrice. Suo padre aveva solo 52 anni. Alfredo e Giuseppe. Due storie diverse accomunate dallo stesso tragico destino. Morti a causa del virus. Da inizio pandemia 2.197 sono state le vittime. Solo in Calabria. Uomini e donne che oggi vengono ricordati in occasione della giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid. [Continua in basso]
Una intera famiglia colpita dal Covid
Vincenzo ci accoglie nella sua casa nel centro di Vibo Valentia. Nella sua stanza c’è la foto di nonno Alfredo con accanto la radio dalla quale non si staccava mai. Una camera piccola che da 22 anni il giovane condivideva con il nonno, la persona che lui ha sempre considerato il suo terzo genitore. Hanno giocato a briscola pure la sera in cui è arrivata l’ambulanza che lo ha portato in ospedale. Non respirava bene: «Ti raccomando», ha detto a quel nipote preferito. «E’ stata l’ultima volta che i loro sguardi si sono incrociati». Era il 28 novembre 2020 quando tutta la famiglia è risultata positiva. Una settimana dopo sua madre e suo nonno sono finiti allo Jazzolino, nel reparto Covid. «Erano le 7.59 del 7 dicembre 2020 quando ho ricevuto la chiamata. Nonno non ce l’aveva fatta. È stato doloroso anche perché eravamo ancora positivi e non abbiamo potuto partecipare al funerale. Non c’era nessuno per il suo ultimo viaggio. Solo un mese dopo abbiamo celebrato una santa messa».
«Il mio ultimo viaggio con papà è stato su un’ambulanza»
Pure Maria ha impressa l’ultima volta in cui ha salutato il padre: «Mi ha guardato mentre trattenevo le lacrime e con un sorriso accennato, nascosto dalla mascherina dell’ossigeno, mi ha salutato con un cenno della mano, mi ha sorriso e ha fatto finta di essere un pesce in un acquario per farmi ridere. Quel sorriso è l’ultimo ricordo che ho di lui». Aveva 52 anni il suo papà. Era uno chef: «Ci eravamo trasferiti – racconta – sei anni fa a Como. Il 24 marzo 2021 scopriamo di essere positivi. E’ stato lui ad ammalarsi per primo. Polmonite interstiziale bilaterale. Il mio ultimo viaggio con papà è stato su un’ambulanza. Lo guardavo, con le poche forze rimaste, steso vicino a me, a fissare il vuoto mentre una mascherina ci inondava le radici di tutto ciò che ci era mancato in quei giorni: ossigeno».
Maria ricorda la paura e i silenzi: «Papà non aveva alcuna patologia. Mio padre, da eroe – prosegue – è morto pochi giorni prima che gli toccasse una dose di vaccino. È morto per qualcosa a cui ancora le persone non credono, che sottovalutano», dice amareggiata. Giuseppe Maiolo, originario di Acquaro, nel Vibonese, si è spento alle 6.30 del 27 aprile 2021 all’ospedale Valduce di Como in seguito alle complicanze dovute al Covid. «Ci ha lasciato l’incarico di raccontarvi la nostra battaglia che purtroppo abbiamo perso. Il Covid colpisce nel profondo – spiega la giovane – e anche quando è andato via ti lascia quegli strascichi che non ti permettono di vivere la tua vita. La mia si è fermata a quel 24 marzo», conclude.
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