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Castello di Bivona, Montesanti: «Errore averlo dato in gestione in quelle condizioni»

Il commento dello storico: «La ridicola passeggiata realizzata dal Comune, sembrerebbe progettata più per “nascondere” che per rivelare la bellezza dei luoghi»

Castello di Bivona, Montesanti: «Errore averlo dato in gestione in quelle condizioni»
Antonio Montesanti

«Certo diranno che sapevano già tutto, che sarà tutto risolto con i soldi della Rigenerazione Urbana, con i soldi delle schede Cis, con i soldi del Pnrr…così come doveva essere già risolto con i soldi del Ministero, con i fondi della Comunità Europea, con i soldi del Parco archeologico urbano». Questo il commento dello storico Antonio Montesanti in merito all’attuale stato dell’antica struttura del Castello di Bivona. Risiede in quel lapidario, antifrastico, “sappiano già tutto”-a parere di Montesanti- l’atteggiamento usato per dimostrare un impegno tuttora in corso ma che, al contrario, si vuole lasciare irrisolto ad altri amministratori, come nel caso della Tonnara. [Continua in basso]

Di seguito si riporta integralmente il testo del suo intervento:

«Basta camminare intorno al castello di Bivona per rendersi conto che quel Parco archeologico urbano è tutto sbagliato, incentrato su un percorso pericolosamente obbligato attorno alle mura perimetrali del castello medievale, rivolto all’uso degli spazi interni al rudere del suo mastio, esponendo i visitatori al rischio di crollo per il vuoto sottostante. In realtà basta girare tra i campi in cui è inserito l’antico maniero per renderti conto della sua ricchezza, sopraffatti da ettari di terra ricoperta da migliaia di frammenti di terracotte di ogni epoca, venute a galla con le arature. [Continua in basso]

La ridicola passeggiata realizzata dal Comune, sembrerebbe progettata più per “nascondere” che per rivelare la bellezza dei luoghi, il cui costo tra lampioni, telecamere, recinzioni in castagno, ecc. (oggi in pietose condizioni) ha assorbito risorse che potevano essere meglio investite nell’area. Se il suo scopo è nascondere, non sorprende che quella strada non sia stata dotata di un vero accesso riconoscibile ed autonomo. Il problema è emerso in tutta la sua complessità con la modifica della sbarra in cancello, ad iniziativa dei privati per la tutela della loro proprietà, utilizzando un nuovo lucchetto, che di fatto esclude impedisce la fruizione dell’area comunale. È solo grazie alla segnalazione dell’accaduto che si apprende che ad oggi, seconda settimana del gennaio 2022, nessuno abbia potuto gestire l’area, seppure assegnata a maggio 2020 ai vincitori del bando di gara. La ragione di questa mancanza agli obblighi del bando, dicono, sia dovuta al ritardo della sottoscrizione della necessaria convenzione con il comune e la soprintendenza. Ragioni sicuramente giustificabilissime ma che sarebbero state una notizia di pubblico interesse, che se resa nota poteva accelerare i tempi della soluzione.

Invece nulla: se non vi fosse stata una sommaria pulizia dell’area da parte di Calabria Verde, per una convenzione con la Soprintendenza regionale, oggi il castello sarebbe stato avvolto nuovamente da rovi e canne. [Continua in basso]

Sarebbe stato importante sapere ieri, e non oggi, che la fruibilità di quell’immenso bene pubblico è impossibile perché privo dei servizi necessari (igienici, acqua, fogne, foresteria, biglietteria, etc.) oltre che privo di una necessaria – e risaputa come necessaria da anni – entrata autonoma d’accesso al Parco Archeologico Urbano, al pari di tutte le altre aree del parco archeologico della città! Se non vi fosse stata la notizia meno importante della modifica del cancello, non avremo mai conosciuto le gravi lacune della situazione.

È solo grazie alla segnalazione dell’inaspettata modifica del cancello che veniamo a conoscenza – dai privati – che in verità non è mai esistito alcun accordo tra i proprietari e l’ente comunale per l’uso condiviso di quell’ unico accesso, né tantomeno meno esiste o è mai esistito un diritto di passaggio da rivendicare.

La proprietà conferma di aver offerto in questi anni, per responsabilità civile, una “cortesia d’accesso” all’ente comunale in attesa che tutte le istituzioni coinvolte nella valorizzazione del castello, attuassero le necessarie procedure per la creazione di un accesso autonomo, mai concretizzate dai quattro o cinque sindaci che negli anni si sono succeduti, dimostrando quanto poco valore si è data alla tutela ed alla salvaguardia dei beni archeologici e monumentali lì collocati, così come poca attenzione si è data ai rischi a cui potrebbero essere esposti i fruitori dell’area per le attività agricole produttive che comunque si svolgono nell’area.

Probabilmente, avute per l’ennesima volta rassicurazioni, consegneranno a breve le chiavi del cancello all’amministrazione comunale, offrendo come sempre la “cortesia d’accesso”, ma questo non sposta di un millimetro la paradossale non funzionalità del Parco: probabilmente il parco non sarà fruibile ancora per molto, sia per non aver messo mano all’inagibilità del suo interno, per i rischi di crollo del piano interrato, sia perché priva dei servizi necessari (igienici, acqua, fogne, biglietteria, etc) alla sua fruizione in sicurezza, sia perché l’area espropriata disponibile non è sufficiente a mettere in risalto il suo esteso valore.

Insomma il parco archeologico di Bivona così come è… risulta del tutto ingestibile alle condizioni attuali. Senza un importante investimento in interventi strutturali e senza il coinvolgimento delle aziende agricole che producono ancora oggi nelle decine di ettari sottoposte a vincolo, la sua gestione è impossibile.

È stato probabilmente un grande errore averlo dato in gestione, con tutti queste lacune di metodo e strutturali che lo renderebbero ingestibile a chiunque. Insomma, perché dare in gestione delle aree archeologiche in cui nessuno sarà mai nelle condizioni di affrontare gli interventi necessari mancanti? In realtà, nella pratica, nessuno dei lotti del parco archeologico urbano di Vibo Valentia risulterebbe dotato di servizi richiesti per una minima fruibilità pubblica in sicurezza… e la condizione estrema, proibitiva e paradossale del Castello di Bivona lo rivela in tutta la sua gravità».

 

 

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