Ecografo per la prostata con le offerte Covid, i donatori sbugiardano l’Asp di Vibo
L'imprenditrice Anna Sardanelli dopo il caso sollevato da Il Vibonese: «Noi tenuti all’oscuro di tutto. Con il senno di poi avremmo acquistato direttamente i materiali»
Si dice sorpresa. E amareggiata. Anna Sardanelli, socia della Intertonno Srl, storica azienda conserviera produttrice del famoso tonno, da noi interpellata, spiega che tutto si sarebbe aspettata tranne che i 50mila euro che la sua azienda ha donato all’Asp di Vibo Valentia con causale “Emergenza Covid-19” venissero utilizzati per l’acquisto di un ecografo per le biopsie prostatiche. «Non che non sia uno strumento valido ma – spiega a Il Vibonese – ci aspettavamo un utilizzo diverso di quelle somme. Siamo rimasti un po’ spiazzati dalla scelta dell’Azienda sanitaria».
L’Intertonno è solo una delle realtà vibonesi che nel corso della prima ondata ha elargito fondi alla sanità territoriale nell’intento di potenziare il contrasto alla pandemia. Ben 50mila euro, come detto, sono partiti all’indirizzo della sede Asp di via Dante. 70mila quelli donati dalla Eurocontrol di Vibo Marina di Francesco Cascasi, 20mila a testa li hanno dati la Diocesi di Mileto e la Bcc del Vibonese, 5mila l’Ordine dei dottori commercialisti. Totale: 165mila euro. Quanti sono serviti, euro più euro meno, ad acquistare un ecografo di ultima generazione per le biopsie prostatiche destinato al reparto di urologia di Tropea. Questo nonostante tutti i donanti avessero espressamente utilizzato la causale “Emergenza Covid-19”. [Continua]
E se il direttore sanitario aziendale Matteo Galletta, in una singolare replica indirizzata al nostro giornale ha rivendicato “il rispetto della volontà del donante”, accusando Il Vibonese di aver affermato il falso, i diretti interessati sono di parere opposto. Già Franco Cascasi, imprenditore galantuomo di Vibo Marina, aveva confermato a chi scrive di non essere mai stato messo ufficialmente a conoscenza dall’Asp della destinazione della sua donazione. Ora anche Anna Sardanelli, espressione di una dinastia imprenditoriale di tutto rispetto, ci spiega come sono andate realmente le cose.
«Considerato il momento particolare e la situazione in cui versa la sanità calabrese ci saremmo aspettati un utilizzo diverso. Ma soprattutto – aggiunge – non eravamo a conoscenza del cambio di destinazione, anzi. Più volte ho contattato l’Asp per sapere che fine avessero fatto le donazioni, senza ricevere risposte. Siamo stati tra i primi ad effettuare la donazione e anche il dirigente non sapeva bene come fare. Tuttavia ci avevano riferito che saremmo stati messi al corrente, ma poi sono passati diversi mesi senza notizie e tutto ciò che abbiamo ricevuto è stata una lettera di ringraziamento. Null’altro. Ci siamo chiesti dove fossero finiti i soldi, finché non lo abbiamo appreso dalla stampa, grazie al vostro articolo». Altro che “il rispetto della volontà del donante” rivendicato da Galletta, dunque.
Non nasconde l’amarezza, Anna Sardanelli, «Pensare alla Calabria “zona rossa”, alle ultime dichiarazioni di Cotticelli, non fa che alimentare la nostra indignazione. Siamo messi male, noi abbiamo donato pensando: “chi meglio di loro sa cosa serve all’ospedale di Vibo?”. E abbiamo preferito fare così, versare del denaro. Ma, con il senno di poi, avremmo fatto diversamente, acquistando solo attrezzature, mascherine, protezioni e quant’altro da fornire direttamente agli operatori in reparto. È andata così – conclude amareggiata -, abbiamo provato a dare una mano però siamo rimasti veramente spiazzati. Speriamo solo di uscirne presto e che questa attrezzatura vada in funzione e si riveli realmente utile».