Ricoverati in barella allo Jazzolino: la sanità che vuol migliorare ma non può – Video
Il reparto di Chirurgia trincea e avamposto per un’offerta di salute che vuol riscattarsi da un passato tormentato. Considerato tra i migliori in Italia per la chirurgia addominale, i suoi locali angusti sono inidonei per pazienti e personale medico. E si aspetta il nuovo ospedale
di P. C.
Una sanità che ha provato a resistere e rialzarsi. Siamo a Vibo Valentia, fino a qualche anno fa l’Azienda sanitaria più disgraziata d’Italia, dov’è necessario dimostrare che le ferite, mai del tutto rimarginate, provocate dalle morti strazianti di Federica Monteleone ed Eva Ruscio, comunque hanno insegnato qualcosa.
Oggi, ad esempio – e lo dice il ministero della Salute, nel suo Piano nazionale esiti 2018 -, l’ospedale Jazzolino è una struttura «tra le migliori» per «la colecistectomia laparoscopica, la frattura del collo del femore, la cura dell’ictus, dell’infarto miocardico acuto e il parto». È considerato, dallo stesso Pne 2018, un ospedale poco più al di sopra della media nel confronto con le altre strutture italiane. Non male se si pensa alla sua perdurante inadeguatezza strutturale e, soprattutto, al fatto che tredici anni fa in seguito ad una ispezione parlamentare si paventò addirittura la sua chiusura. «Meglio un ospedale da campo», si disse. [Continua]
«Abbiamo fatto una buona programmazione su tutti e tre i presidi ospedalieri (oltre Vibo, quindi, Serra San Bruno e Tropea – spiega il commissario straordinario dell’Asp Giuseppe Giuliano – quindi credo che avremo ulteriori miglioramenti forti nell’offerta sanitaria». Tutto questo mentre si attende una svolta nei lavori biblici che riguardano la costruzione del nuovo nosocomio di località Cocari, quello che dovrebbe portare appunto il nome di Federica Monteleone.
Trincea, avanguardia, ma anche metafora, di una sanità resiliente è Chirurgia, che dal 2017 è guidato dal primario Francesco Zappia. Trincea perché il reparto sottoposto a maggiore pressione dall’utenza. Avanguardia perché è considerato, questo, un reparto di eccellenza nell’ambito della cosiddetta chirurgia addominale. Metafora perché, malgrado gli interventi di ristrutturazione che hanno restituito una condizione di igiene, sicurezza e decoro certamente diversa rispetto al passato, i suoi locali restano inidonei a soddisfare le esigenze dei pazienti e del personale medico.
Sedici posti letto in tutto. Pochi, troppo pochi rispetto alla domanda di salute che proviene dal territorio. Ma ci si ritrova con due-tre ricoverati, per notte, costretti a stare su una barella. Stanze anguste, nelle quali è difficile rispettare il distanziamento necessario per contenere la pandemia da Covid 19. I pazienti ricoverati anche in barelle sistemate tra la finestra e la porta dei servizi igienici. Pazienti che pagano questa situazione, come il personale medico chiamato, ad accogliere e a fare tutto il possibile per curare chi ne ha bisogno. Alcune foto e filmati che la nostra redazione ha recuperato testimoniano tutto questo.
Si fa quel che si può e meglio che si può in un immobile troppo piccolo e vetusto. «Parlo della nostra esperienza – racconta la parente di una ex degente -, mia madre è stata ben curata. È stata trattata con professionalità, ma anche con rispetto e umanità. Ma è stato disagevole stare in una stanza così stretta e così piena. Ne abbiamo sofferto tutti».
I tempi del “tutto fa schifo”, “tutto è da buttare” sono superati. Se si vuol guardare avanti c’è da tutelare i progressi e favorire i miglioramenti dei quali parla il commissario Giuliano. Se si vuol guardare avanti bisogna stringere i tempi e far sì che quanto prima Vibo Valentia abbia il suo nuovo ospedale.