martedì,Febbraio 25 2025

Pronto soccorso di Vibo come un ospedale di guerra: «Decine di pazienti che si lamentavano sulle barelle nei corridoi»

Un utente racconta la sua esperienza nel nosocomio cittadino: «Un caos incredibile e nessun posto letto disponibile. Il personale affaticato e insufficiente faceva il possibile per fronteggiare quella marea umana»

Pronto soccorso di Vibo come un ospedale di guerra: «Decine di pazienti che si lamentavano sulle barelle nei corridoi»
Le barelle nei corridoi del Pronto soccorso di Vibo

Ormai è difficile trovare parole diverse per descrivere il livello di emergenza che vive quotidianamente l’ospedale Jazzolino di Vibo. Ma la situazione negli ultimi giorni ha raggiunto nuove vette di caos. Il primo, fortissimo campanello d’allarme è suonato domenica, quando sette ambulanze si sono ritrovate in fila nel perimetro dell’ospedale con i pazienti a bordo che non potevano essere trasportati all’interno per mancanza di posti letto e barelle. Una situazione di estrema concitazione che non si è decongestionata neppure nei giorni successivi. Così, nella notte tra lunedì e martedì, lo scenario all’interno del pronto soccorso, riferito da persone che loro malgrado sono state costrette a raggiungere il nosocomio vibonese, era, se possibile, ancora peggiore.

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«Sembrava un ospedale di guerra, pazienti ovunque sistemati come si poteva – racconta un cittadino che in quelle ore ha accompagnato un parente che accusava forti dolori -, decine di barelle nei corridoi e ogni stanza piena fino all’inverosimile. Ovunque persone che si lamentavano, letteralmente, e chiedevano assistenza. Il personale faceva il possibile per far fronte alle richieste che arrivavano da ogni angolo del Pronto soccorso, ma medici e operatori sanitari in servizio erano pochissimi rispetto alla mole di lavoro che dovevano svolgere. Anche le operazioni più banali, come un prelievo, diventava un problema enorme. Ho visto personalmente un’anziana signora a cui dovevano fare le analisi seduta su una normalissima sedia e un tirocinante farle da “tavolino” per consentirle di stendere il braccio e permettere così all’infermiere di poter prelevare il sangue».

Un caos che spesso si manifesta già nella fase di accettazione: «Un operatore – continua – non riusciva a entrare nel sistema a causa di una password rifiutata dalla piattaforma per la registrazione degli accessi, intanto la fila dei pazienti in attesa si allungava e l’esasperazione cresceva. È incredibile quello che accade allo Jazzolino, incredibile…».

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