Piperno (118 Vibo) incalza ancora Occhiuto: «Il nuovo ospedale lo faccia costruire ai cinesi, che magari loro ci riescono»
La dottoressa che da poche settimane riveste anche un ruolo sindacale rimprovera al governatore la mancanza di attenzione verso il territorio vibonese: «Alle nostre domande risponde con le storie su Instagram»
Alessia Piperno, dottoressa del 118 di Vibo e da poche settimane è anche delegato provinciale del sindacato Smi Confsal, torna alla carica contro il governatore Roberto Occhiuto. Al presidente della Regione e commissario ad acta rimprovera di aver parlato della sorte dell’ospedale di Vibo soltanto attraverso una storia Instagram, quando ha ventilato l’ipotesi che lo Jazzolino non venga chiuso per lavori di adeguamento antisismico finché non sarà pronto il nuovo ospedale in costruzione in località Cocari. Un piano che prevede la “trasformazione” dei fondi Pnrr (25 milioni che rischiano di andare persi) in risorse attinte dal Fcs.
«Il nostro presidente – scrive Piperno – rompe il silenzio e lo fa tramite una storia Instagram nella quale risponde a Nicoletta e Rosanna ignorando completamente le numerose istituzioni che da mesi ormai gli si rivolgono in attesa di risposte concrete. Le ho scritto per ben due volte, prima semplicemente come donna medico calabrese e dopo come delegato Smi per l’Asp di Vibo Valentia. Ho messo faccia, nome e cognome, con timore lo ammetto (quel genuino timore reverenziale che caratterizza la semplicità della mia persona) ma anche con immenso coraggio, lo stesso che da molti mi è stato riconosciuto e forse da Lei non è stato gradito. Ma da un lato La ringrazio anche, non pensavo di avere così tanta forza finché non ho dovuto utilizzarla tutta nel tentativo di salvare quel poco che resta». La dottoressa del 118, in particolare, allude a una lettera aperta indirizzata con la quale il 21 gennaio scorso sollecitò con forza un intervento del governatore sul rischio, tuttora in piedi, che tre reparti dello Jazzolino vengano smantellati per consentire i lavori e non perdere i fondi.
«Ora – conclude – pare quasi di capire che, grazie alla Sua mossa, perderemo sia la ristrutturazione che quel fantasma immaginario che nella Sua mente dovrebbe rappresentare il nuovo ospedale (20 anni e nemmeno un palo alzato). Io al suo posto contatterei i cinesi (tanto tra medici cubani e infermieri indiani non farebbero nemmeno troppo scalpore), che se ricordo bene nel giro di qualche mese hanno messo su un ospedale. Noi dopo un anno stiamo ancora parlando di come organizzare i lavori».
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