giovedì,Gennaio 30 2025

«Un ospedale da campo a Vibo dove c’è il circo? Non scherziamo, ci sono Tropea e Serra»: lo sfogo della dottoressa del Pronto soccorso

Marianna Rodolico interviene in merito al trasferimento di alcuni reparti del nosocomio cittadino per consentire i lavori di messa in sicurezza: «I malati finiranno nei container. Ribelliamoci a tutto ciò»

«Un ospedale da campo a Vibo dove c’è il circo? Non scherziamo, ci sono Tropea e Serra»: lo sfogo della dottoressa del Pronto soccorso

«Poco importa alla sottoscritta di essere criticata, accantonata, considerata quasi folle, ma vorrei urlare ai cittadini, ai malati, ai sindaci, che anche loro piegano il capo, svegliandoli dal sonno perenne in cui vivono, vorrei urlare affinché ognuno capisse, leggendo ciò che scrivo, che il disastro di questa realtà, specchio conforme di un disastro mondiale, è imminente. Disastro sanitario della nostra regione, disastro toccato con mano nella nostra provincia allorquando l’ospedale di Vibo Valentia sarà smantellato per essere “messo a norma”». La dottoressa Marianna Rodolico, in forza al Pronto soccorso dell’ospedale di Vibo Valentia, sempre attiva nel difendere il diritto alla salute denunciando disservizi e criticità, si sfoga sui social con un post al vetriolo sulla controversa vicenda dei lavori che dovranno interessare lo Jazzolino. La dottoressa crede che questa situazione sia l’ennesima «dimostrazione di quanto lontana la politica è dal bene comune e di quanto, poco o nulla, a lei, interessa la salute del cittadino. Piegarsi alla volontà di una opinione nata, a mio avviso, quasi per gioco, non è altro che la conferma dell’inettitudine di un modo di ragionare, non per logica, ma per comodità».

Leggi anche ⬇️

«È veramente il bene del malato la domanda principale che interessa alla politica e agli amministratori, o è una rivendicazione campanilistica, per non perdere la supremazia di un territorio “capitale”?». Si chiede Rodolico che continua: «La risposta viene quando il cittadino sa, che gli accordi politici e sanitari hanno optato per un ospedale da campo, nel frattempo che iniziano i lavori di ristrutturazione. Ma il cittadino sa che l’ospedale da campo accoglierà il malato in una tenda o in un container attrezzato di sala operatoria e degenza, montati in un luogo dove si solito stazionano il circo o le giostre? Il cittadino malato sa che deve prima passare dal pronto soccorso e poi finire nel container? Chi di noi, in tali condizioni sceglierebbe di farsi curare o meglio operare in un container? Tutto ciò avrebbe un senso se ci fosse una guerra o un evento catastrofico». 

«Emerge quindi la mancanza di informazione, infatti non dovrebbe esserci solo un accordo tra politici e sanitari, ma una scelta condivisa con chi ha necessità di rivolgersi ad un ospedale. E chi meglio del sindaco di ogni comune della provincia, può informare la sua popolazione! Quale sarà la scelta del malato? Cercare un’altra struttura, la cosa più semplice,  pubblica o privata che sia, se ce la fa, altrimenti affidarsi alla sorte. Ma tutto questo non viene spiegato al popolo che continua ignaro, a subire gli insulti di chi si accorda a monte».

Poi si pone un’altra domanda, forse quella che lascia più dubbi: «Ma come mai con sei strutture ospedaliere, di cui due completamente funzionanti, Serra e Tropea, quest’ultima con sala operatoria ancora attiva, si pensa a dare atto a un ospedale da campo? La motivazione che viene data, peraltro poco chiara, non soddisfa la domanda, poiché il malato per curarsi percorre tutte le strade e l’emergenza potrebbe avere un volto marino o un volto montano, basta saper organizzare, perché allo stato un evento grave può capitare in qualsiasi area del territorio e non è certo la vicinanza all’ospedale di Vibo Valentia a fare la differenza. Anche perché, come si è fatto finora, per le gravi emergenze è stato sempre allertato l’elisoccorso e trasferito il paziente nei centri hub del territorio».

Leggi anche ⬇️

«Allora sorge un’altra domanda – continua la dottoressa -, questo ospedale da campo, a chi serve realmente? Non certo al paziente! Molto probabilmente serve agli operatori, che evitano di spostarsi, alla sanità privata che avrà più clienti, alla politica campanilistica e accondiscendente, agli amministratori ignavi, in breve a tutti questi elementi,  fuorché al malato».

Poi la dottoressa Rodolico conclude affermando: «Allora sindaci, prendete in  mano la situazione sanitaria del vostro territorio e informate i vostri cittadini, affinché ognuno sappia cosa si decide sulla gestione della salute in questo nostro paese, e, non cullatevi sulla temporaneità dei lavori, perché l’impegno è per due anni totali, all’interno dei quali ogni 3/4 mesi ruoteranno gli spostamenti dei reparti. Se pensate che la soluzione proposta non sia consona con la cura dei malati, come lo penso io, ribellatevi, ribelliamoci tutti e facciamo sentire la nostra voce di uomini liberi e non di schiavi assoggettati a chi trama sulla pelle di chi mendica salute».

Articoli correlati

top