Un mese e mezzo ricoverata nell’ospedale che non ti aspetti, quello di Vibo: «Mia madre 92enne curata con amore e professionalità»
Una storia di buona sanità e umanità dalle corsie dello Jazzolino, dove la signora Bonaria ha trascorso interminabili giorni tra i reparti di Terapia intensiva cardiologica e Ortopedia
«Mia madre è stata ricoverata allo Jazzolino di Vibo Valentia per quasi un mese e mezzo e lì dentro ho visto esattamente le cose che avrei voluto vedere». Inizia così il racconto di Claudio Versace, un racconto di buona sanità e umanità riscontrate tra le corsie dell’ospedale vibonese. Una struttura che spesso soffre la carenza di mezzi e di personale, ma nella quale operano professionisti che ogni giorno – destreggiandosi appunto tra tante difficoltà – si spendono per la cura dei pazienti.
Il racconto del nostro lettore ha inizio il 21 luglio, quando sua madre, la signora Bonaria – 92 anni di Vibo Marina –, si rompe il femore e viene portata in Pronto soccorso a Vibo. Il reparto di Ortopedia, spiega Claudio, in quel momento non ha posto per accoglierla e quindi viene trasferita a Soverato. Qui, si aggravano i problemi al cuore dell’anziana signora che a quel punto viene riportata allo Jazzolino, per essere ricoverata nella Terapia intensiva cardiologica.
Ed è a partire da questo reparto che Claudio ha modo di riscontrare, oltre alla professionalità, il buon cuore del personale sanitario tutto: «Dai medici agli infermieri, fino agli oss, hanno trattato mia mamma come fosse una ragazzina da dover salvare a tutti i costi. Noi, vista la sua età, ci eravamo ormai rassegnati ed eravamo pronti al peggio. E invece, grazie alle cure del personale Utic, dopo dieci giorni è uscita dalla Terapia intensiva».
A questo punto resta il femore da operare. La signora Bonaria viene trasferita nel reparto di Ortopedia dello Jazzolino. «Il primario ci ha avvisati che la situazione era delicata e che mamma avrebbe potuto perdere la vita sotto i ferri. Ci siamo affidati ancora una volta a loro e l’intervento chirurgico è andato bene», ci racconta ancora Claudio. Dopo l’operazione, una lunga degenza: «Trenta giorni, in cui ho potuto vedere un reparto in sofferenza per la carenza di personale ma anche medici, infermieri e oss che si facevano in quattro per dividersi tra tutti i pazienti e pure per fronteggiare nervosismi da parte di alcuni utenti». Da qui, il bisogno di ringraziare chi in un mese e mezzo si è preso cura della sua anziana madre e di rendere pubblica la sua testimonianza: «Mia mamma ha peraltro dato filo da torcere a infermieri e oss durante il lungo ricovero, eppure tutti l’hanno sempre trattata con estrema gentilezza e attenzione. Lo stesso è accaduto per le tante compagne di stanza che si sono succedute in un mese. Per questo intendo fare un elogio a tutto il personale. La buona sanità esiste anche qui».