Sanità in affanno, il primario del Pronto soccorso di Vibo: «In estate 300 pazienti al giorno, visite ogni 60 secondi»
Il dottor Natale racconta la fase di stress che sta vivendo il sistema sanitario territoriale tra accessi impropri e la carenza di posti letto: «Cerchiamo di rispondere in maniera dignitosa a queste emergenze»
L’aumento degli accessi nei pronto soccorso nel periodo estivo è sostanziale in tutta la Calabria. Non fa eccezione l’ospedale spoke di Vibo Valentia dove si registrano quotidianamente circa 300 pazienti. Numeri più che raddoppiati rispetto alla media annuale delle richieste di prestazioni nello stesso presidio ospedaliero. Una situazione che mette a dura prova nosocomi che devono già fare i conti con criticità e carenze, come racconta ai nostri microfoni Vincenzo Natale, primario del pronto soccorso di Vibo Valentia, struttura complessa che comprende anche quelle semplici di Tropea e di Serra San Bruno.
Il sovraffollamento
Quella del sovraffollamento è tra le maggiori criticità cui devono far fronte le strutture ospedaliere e d’estate il problema non fa che acuirsi: «Noi sullo spoke di Vibo abbiamo circa 50.000 accessi all’anno e quindi un medico visita mediamente ogni due minuti e mezzo il paziente – spiega il dott. Natale -. D’estate l’incidenza aumenta anche fino a 300 al giorno con visite ogni 60 secondi circa. Questo sottopone naturalmente a stress sia tutta l’emergenza territoriale che quella ospedaliera».
Tra le cause del sovraffollamento i cosiddetti accessi impropri, cioè quelle richieste che potrebbero trovare risposte in sedi diverse dal pronto soccorso: «Il cittadino – spiega il primario – vede il pronto soccorso come la risorsa più fruibile e affidabile. Quindi c’è una percentuale considerevole di codici a bassa priorità. Per far fronte a questa situazione abbiamo aperto fra Vibo, Tropea e Serra ambulatori dedicati grazie anche al sacrificio e alla grande disponibilità dei medici provenienti da Cuba che insieme ai medici italiani rinunciano anche alle proprie ferie per sopperire a una carenza organica che è purtroppo nazionale. I pazienti vengono così visitati nel giro delle due ore canoniche che noi prevediamo come tempi di attesa».
In attesa del posto letto
Ma il problema più grande dell’iperafflusso in pronto soccorso, spiega il primario, è quello del cosiddetto boarding: «Con boarding intendiamo quel fenomeno secondo il quale il paziente è stato visitato, ha ottenuto la diagnosi ma deve essere ricoverato ed è in attesa di un posto letto. La grande criticità corrisponde a una carenza di posti letto rispetto al numero di abitanti ma soprattutto corrisponde alla carenza di alcuni posti in alcune aree internistiche, dove c’è una maggior richiesta. Ecco Vibo risponde in maniera dignitosa a questa emergenza aumentando l’offerta di posti letto tramite la medicina d’urgenza e tramite l’Osservazione breve intensiva (Obi), un’area intermedia che permette appunto di osservare il paziente per 24 ore e destinarlo poi alla dimissione o al ricovero in base all’evoluzione del quadro clinico».
Nuove assunzioni
«Con questo aumento dei posti letto nell’area della medicina d’urgenza un’altra grande criticità è rappresentata dalla necessità di assistenza infermeristica e non infermeristica e quindi dei famosi Oss. Anche qui si è cercato già dall’aprile scorso di risolvere il problema in quanto l’Asp ha pubblicato un avviso pubblico per l’assunzione di 12 infermieri e 12 oss. So che questo avviso pubblico è stato molto partecipato e ha determinato un sovraccarico di lavoro per gli uffici amministrativi e quindi siamo in attesa che venga sviluppata la graduatoria così da poter assumere nuovo personale».
Soluzioni per la sanità calabrese
Oltre a ricoprire il ruolo di primario del pronto soccorso di Vibo Valentia, il dott. Natale è anche presidente della Società scientifica di medicina di emergenza urgenza. Con il professionista abbiamo affrontato anche il tema delle possibili soluzioni da attuare a livello regionale in merito alle maggiori criticità riscontrate: «Abbiamo proposto ad Azienda Zero e quindi al dottor Minniti delle tematiche e delle soluzioni minimali per poter rispondere all’emergenza che ripeto è nazionale e quindi anche calabrese. C’è grande apertura e abbiamo iniziato a stabilire dei tavoli tecnici per riaffrontare ad esempio la tematica nevralgica delle reti tempo dipendenti, utili per per garantire la presa in carico dei pazienti che presentano patologie le cui conseguenze risultano fortemente condizionate dagli interventi messi in atto nei primi minuti, nelle prime ore dall’insorgenza dei sintomi».
«Il dialogo – ha aggiunto – è però costante anche con le singole aziende sanitarie e ospedaliere. Tra le soluzioni da adottare penso all’attivazione della medicina d’urgenza in tutti i centri spoke, sono 8 in Calabria. O attivare le Obi in tutti i pronto soccorso che non sono hub o spoke ma sono piuttosto un pronto soccorso generale, come quello di Tropea. O meglio ancora attivare nell’area del triage, il triage bifasico, dove ci sono due infermieri. Il primo infermiere che accetta il paziente dopo una rapida valutazione, il secondo infermiere che ha il compito di valutare il paziente in modo approfondito in modo tale da attribuire un corretto codice di priorità e realizzare una adeguata presa in carico del paziente».
«E poi c’è un’altra iniziativa che è recentissima di attivare nel triage una figura che non è né infermieristica né oss, ma è un volontario. Si tratta di un progetto che abbiamo iniziato con la Croce Rossa e con l’associazione volontari ospedalieri, dove il volontario del soccorso (che ha frequentato dei corsi nell’emergenza urgenza) stabilisce un rapporto con i familiari e con l’utente del triage, naturalmente quelli con codici minori che aspettano anche due ore, spiegando loro l’importanza del codice e facendo capire al familiare che in quel momento stiamo facendo il possibile per aiutarlo».
Le aggressioni agli operatori e alle operatrici
Altra tematica purtroppo ancora molto attuale è quella delle aggressioni nei confronti del personale sanitario. Lo scorso anno, in Italia, sono stati 18mila gli operatori e le operatrici aggrediti verbalmente o fisicamente. «Mi rendo conto che in un iperafflusso, dove il paziente deve attendere anche due ore o due giorni per avere il posto letto, si può determinare uno stress. Però quando alcuni atteggiamenti superano quella che può essere una manifestazione di stress, allora a quel punto noi diciamo stop, tolleranza zero alla violenza, tolleranza zero alle aggressioni. Quello che bisogna tenere sempre a mente è che il medico, l’infermiere o l’oss ha un’unica volontà, ed è quella di aiutare il paziente, non di danneggiarlo».