lunedì,Dicembre 30 2024

Ospedale di Serra declassato, Dominelli: «Serve una proposta condivisa per evitare ulteriori scippi»

L’ex assessore provinciale interviene sul previsto ridimensionamento del nosocomio: «Scelte che mortificano il territorio e condannano a un’esistenza disumana»

Ospedale di Serra declassato, Dominelli: «Serve una proposta condivisa per evitare ulteriori scippi»
Il presidio ospedaliero
Domenico Dominelli

«Ormai non sfugge a nessuno quanto sia diventato difficile continuare a sostenere la battaglia affinché l’ospedale di Serra San Bruno possa diventare “generale”, ovvero dotato delle quattro specialità di base oltre ai servizi ad esse collegati. Peraltro, il provvedimento più recente in ordine alla rideterminazione della rete ospedaliera e territoriale ha sancito in via definitiva la morte di un ammalato per lungo tempo in agonia che è appunto l’ospedale San Bruno, la cui connotazione odierna, se confermata, significherebbe il ritorno ad un passato lontano e la cancellazione del diritto alla salute che pensavamo fosse definitivamente acquisito». Inizia così il “contributo” dato dall’ex assessore provinciale di Vibo Valentia, Domenico Dominelli, sul tema del previsto ridimensionamento dell’ospedale delle Serre. Un contesto in cui, tra l’altro, «trova spazio da lungo tempo la logica della politica regionale e non solo, di distacco rispetto alla problematica vecchia e nuova presente nelle zone più deboli e più martoriate della Calabria, come la nostra. Guarda caso – sottolinea Dominelli – quegli attori sono gli stessi che a parole fanno finta di essere preoccupati dello spopolamento che si sta perpetrando nelle zone interne. È giunto il momento di far capire a lor signori che le loro scelte, gli scippi continui consumati nel corso degli anni, lo smantellamento dei servizi pubblici, il declassamento dell’ospedale, i conti meramente numerici per il declassamento scolastico, sortiscono l’effetto contrario rispetto al contrasto dello spopolamento galoppante, mortificano il territorio e condannano le nostre comunità ad una esistenza disumana, costringono i giovani a scappare». Al riguardo Dominelli suggerisce di individuare forme più efficaci per opporsi con decisione a questo stato di cose, «a iniziare dalla prospettiva che s’intende dare alla domanda di assistenza sanitaria in questa zona». Nel contempo richiama ognuno, «il Comitato San Bruno in primis, ma anche i movimenti e le associazioni, e soprattutto i partiti, i sindacati e le istituzioni, alla necessità storica di lavorare uniti, superando ogni intralcio che può danneggiare il senso di comunità, e dove i sindaci, tutti i sindaci a iniziare da quello di Serra San Bruno, possano mettersi alla testa di un grande movimento di popolo che abbia obiettivi chiari e che sappia mettere in campo iniziative adeguate a salvare quello che rimane della sanità pubblica e dell’ospedale». A seguire, l’appello rivolto a tutti, «soprattutto al presidente del Comitato San Bruno che in questi anni ha saputo tenere alta la battaglia di civiltà nel campo del diritto ai servizi sanitari, perché riunisca intorno ad un tavolo tutti gli attori prima richiamati allo scopo di elaborare una proposta di organizzazione sanitaria sostenibile e condivisa che parta dalla consapevolezza che l’obiettivo strategico non può essere l’Ospedale di zona, puntando invece sulla necessità di valorizzare al meglio e attuare tempestivamente tutto quello che i vari commissari ad acta – escluso l’attuale che ha tracciato un percorso diverso ancorché penalizzante per queste Comunità – hanno previsto nei rispettivi provvedimenti di riordino della rete ospedaliera e territoriale». Per Dominelli, ancora, su una cosa non si può transigere, «ovvero sul mantenimento di un Pronto Soccorso con astanteria, attrezzato e moderno e all’altezza della domanda sanitaria per i casi che abbisognano di interventi urgenti, nelle condizioni generali di massima sicurezza.

L'ospedale di Serra San Bruno
L’ospedale di Serra San Bruno

Declassare il Pronto soccorso a Punto di primo intervento – che in buona sostanza è assimilabile a un mero servizio di trasporto con ambulanza di ammalati, anche gravi o in pericolo di vita, in altri posti – questo sì che diventerebbe letale per le nostre comunità, specie di quelle più interne. Si inizi dunque ad agire per concretizzare, per uscire presto con una proposta condivisa da far valere, con il sostegno della politica di tutti gli schieramenti, a livello di contrattazione sui Tavoli che contano e che decidono. Perché la Sanità non ha colori e non deve avere connotazioni politiche di parte! Se gli intenti sono questi, a prescindere da questo mio contributo, allora vale la pena di provare a reagire con una dimostrazione di grande unità collettiva, per rivendicare un futuro più dignitoso e perché la “restanza” sia un valore da incentivare piuttosto che da vanificare». L’ex assessore provinciale termina la sua disamina dicendosi del tutto in disaccordo «con chi sostiene che la Medicina del Territorio è un aspetto secondario, quasi astratto, dell’offerta sanitaria pubblica. Senza di essa, al contrario – conclude -, l’offerta sanitaria è parziale e la stessa assistenza ospedaliera ne subisce un danno enorme. Piuttosto, il problema nostro, che si trascina da molti anni, è la quasi totale assenza di una vera Medicina del Territorio e se a questo aggiungiamo il paventato smantellamento dei servizi ospedalieri, il disastro è completo. Al danno si aggiunge la beffa».

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