Centro per l’autismo di Nicotera, ultimi giorni di terapia per 30 bimbi: «Che fine faranno i loro progressi?»
Servizio pressoché unico in Italia, il 30 settembre chiuderà per mancanza di fondi. La cooperativa “Batti cinque” che lo ha gestito per quasi un anno illustra i risultati raggiunti: «Per la prima volta alcuni genitori hanno sentito pronunciare la parola “mamma” o “papà”. Interrompere i trattamenti significherà perdere i miglioramenti ottenuti». L'Asp di Vibo rassicura, ma per il ripristino i tempi potrebbero non essere brevi
È ormai ufficiale, dal primo ottobre i trenta bambini e ragazzi che frequentano il Centro diurno per il trattamento dell’autismo di Nicotera resteranno a casa. Il 30 settembre, infatti, sarà il loro ultimo giorno di terapie dal momento in cui non ci sono più i fondi per mandare avanti il servizio attivo nell’ospedale della cittadina costiera. L’allarme era stato lanciato dal sindaco, Giuseppe Marasco, che aveva raccolto le preoccupazioni dei genitori e si era appellato all’Asp di Vibo Valentia affinché trovasse le risorse per far proseguire il progetto. Un appello che è stato rinnovato dalle famiglie in occasione dell’incontro pubblico convocato dalla cooperativa “Batti cinque onlus”, che da ottobre 2021 gestisce il Centro per l’autismo dopo aver vinto un bando indetto dall’Asp. Incontro che, a due settimane dalla chiusura, è servito per illustrare i risultati raggiunti in un anno di attività, ma anche per guardare alle prospettive future, fra concreti timori e flebili speranze. [Continua in basso]
I miglioramenti ottenuti
Durante la frequentazione del Centro, i trenta piccoli utenti – dieci fascia 3-6 anni, dodici 7-12 e otto 13-18, provenienti da tutta la provincia – hanno effettuato sessioni di Analisi del Comportamento Applicata (ABA). «Un tipo di intervento – ci spiega Andrea Guido, presidente della cooperativa sociale “Batti Cinque” di Rende – grazie al quale si possono ridurre notevolmente i sintomi disfunzionali tipici dell’autismo. Alcuni dei bambini non parlavano ed ora hanno iniziato a pronunciare le prime parole e per la prima volta alcuni genitori hanno sentito pronunciare la parola “mamma” o “papà”. Ad altri bambini, per i quali non è stato possibile ottenere l’emergere di linguaggio vocale, è stato insegnato un sistema di comunicazione alternativo. E per le mamme e i papà è un gran sollievo sapere che se loro figlio ha bisogno di qualcosa può farlo capire per esempio attraverso un’immagine, anziché innervosirsi ed iniziare a mostrare aggressività». Non solo comunicazione e socialità, si è intervenuto anche sulle abilità cognitive e sull’incremento dell’autonomia. Tutti elementi che hanno permesso di affrontare la quotidianità con maggiore tranquillità alle famiglie, che da parte loro si sono mostrate molto soddisfatte dei miglioramenti dei propri figli. Motivo per cui ora non possono accettare che tutto si blocchi.
Il miracolo compiuto dall’Asp di Vibo
I trattamenti ABA, tra l’altro, sono molto costosi: «In un centro privato si va dai 500 ai 1000 euro al mese», spiega Andrea Guido, secondo il quale è un vero e proprio miracolo che «nella provincia più povera della regione più povera d’Italia, grazie al lavoro dell’Asp di Vibo e in particolare all’interessamento del neuropsichiatra Bruno Risoleo, si sia riusciti ad ottenere che i trattamenti ABA vengano erogati a carico dell’Azienda sanitaria e siano gratuiti per le famiglie. Cosa che non succede in nessun’altra parte d’Italia, dove la famiglia paga e solo dopo può ottenere un rimborso della spesa». Un miracolo che però ora non va disperso: «A prescindere dal fatto che ci saremo noi o altri, è necessario che il primo ottobre i bambini proseguano le terapie. Un’interruzione inevitabilmente influirebbe in modo negativo sui progressi fatti». [Continua in basso]
Sette posti di lavoro persi
L’Asp da parte sua ha fornito rassicurazioni: all’incontro che si è tenuto a Nicotera era presente anche il direttore del Distretto sanitario Raffaele Bava, che ha riferito che l’Azienda si sta adoperando perché si giunga ad una soluzione e non si perda il servizio. L’obiettivo è quello di renderlo stabile, ma i tempi pare non saranno brevi. Intanto, però, il 30 il Centro chiuderà i battenti – solo per il momento, ci si augura – e questo comporterà anche la perdita di 7 posti di lavoro. «Tutta gente del posto – precisa Guido -. La cooperativa aveva assunto un uomo e sei donne, il che non è affatto male in una regione ad altissimo tasso di disoccupazione femminile». Sette operatori che intanto, anche loro, dal primo ottobre resteranno a casa.
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