Medici cubani, il sindacato a Occhiuto: «Inesistente la qualità della vita negli ospedali»
Guido Quici, presidente della Federazione Cimo-Fesmed, replica alle accuse del governatore della Calabria che ha puntato il dito contro le cooperative sanitarie. Invito a rendere attrattivi i nosocomi italiani, e calabresi in particolare
Il sindacato dei medici Cimo-Fesmed, che ha recentemente promosso ricorso al Tar contro l’accordo per il reclutamento di medici cubani in Calabria, replica alle dichiarazioni del presidente Roberto Occhiuto in Consiglio regionale. In particolare, il governatore si è scagliato contro le cooperative di medici, che fornirebbero personale agli ospedali con un notevole aggravio di costi per le aziende sanitarie, mentre i concorsi continuano ad andare deserti. Da qui l’accusa di Occhiuto verso le rappresentanze professionali dei medici, che a suo dire avellerebbero questo andazzo per meri fini speculativi. Un’accusa rigettata dal sindacato. [Continua in basso]
«Ci siamo sempre schierati contro il ricorso a società private – italiane o straniere che siano – per la fornitura di medici negli ospedali pubblici – dichiara in una nota Guido Quici, presidente della Federazione Cimo-Fesmed -. E ha ragione il presidente Roberto Occhiuto quando, nell’informativa odierna al Consiglio regionale sull’accordo sui medici cubani, ha detto che le cooperative si stanno approfittando della drammatica carenza di personale sanitario, drenando risorse altrimenti destinate alla salute della popolazione. Poi però chiede aiuto proprio ad una società di servizi per trovare medici cubani, che costano molto di meno, da impiegare negli ospedali calabresi».
Insomma, secondo il sindacato dei medici Occhiuto predicherebbe bene e razzolerebbe male, rischiando di aggravare la situazione.
«Un’operazione, quella dei medici cubani, che secondo Occhiuto farà da apripista per altre Regioni – aggiunge Quici -: quando si renderanno conto che i medici stranieri costano di meno degli italiani, le Regioni perennemente in difficoltà economiche andranno alla ricerca del miglior offerente, in barba a problemi linguistici, formativi, ordinistici e assicurativi. Perché l’importante sarà avere un medico alla guardia del posto letto, non un professionista che va incontro alle esigenze di salute del paziente. Noi, come sindacati dei medici, non possiamo rimanere indifferenti a certe affermazioni. E non abbiamo alcun “interesse straordinario” da difendere, se non quello della tutela della salute della popolazione, che si pone senza dubbio al di sopra di qualsiasi ragionamento economico».
Secondo il rappresentante sindacale dei camici bianchi, la soluzione è nel rendere attrattivi «gli ospedali italiani, e calabresi in particolare». «Se i medici dipendenti decidono di lasciare il pubblico per andare nel privato – prosegue Quici -. è perché la qualità di vita di chi lavora negli ospedali pubblici è inesistente. Se ogni anno mille giovani medici decidono di trasferirsi all’estero è perché altri Paesi offrono loro condizioni di lavoro e prospettive di carriera che in Italia si sognano. Se i medici albanesi, come ammesso dallo stesso presidente Occhiuto, preferiscono andare a lavorare in Germania e non in Calabria è perché in Germania guadagnano cifre che l’Italia non è in grado di offrire loro. Se nessuno vuole lavorare nei Pronto soccorso è perché le aggressioni e le denunce sono all’ordine del giorno. Se i piccoli ospedali hanno difficoltà a trovare personale è perché non offrono le stesse tecnologie, la stessa formazione, le stesse strutture degli hub e soprattutto non garantiscono la sicurezza delle cure».