La Pasqua perduta di Pizzo: l’amarcord delle tradizioni travolte dal Covid
È tanta l’amarezza per il secondo anno consecutivo senza i riti che hanno scandito per generazioni la Settimana santa. Ecco cosa accadeva nelle strade della cittadina vibonese. Una poesia per ricordare
Anche questo 2021, così come il 2020, le celebrazioni religiose che da sempre hanno caratterizzato la settimana che precede la Santa Pasqua, purtroppo, non hanno avuto luogo a causa della pandemia, e l’amarezza tra le persone per il mancato svolgimento per il secondo anno consecutivo è davvero tanta. I riti pasquali per i calabresi manifestano certamente espressione di fede, ma, nella loro complessità, rappresentano anche momenti dal forte significato sociale e vincolo di appartenenza alla comunità.
Si ha inizio con la Domenica delle Palme e prosegue con le commemorazioni del Triduo Pasquale. Partendo dal Giovedì Santo con la Lavanda dei Piedi e l’ultima Cena, nella notte in cui Gesù venne tradito, celebrano il mistero della Passione, Morte e Risurrezione del Signore Crocifisso, concludendosi con la processione della Domenica di Pasqua del Cristo Risorto che vince la morte.
Tra tutte le celebrazioni, per la fattiva partecipazione di tutte le fasce d’età della popolazione, quella del Venerdì Santo è certamente la più sentita. A Pizzo, che è sempre stata in controtendenza, sino a qualche anno fa si svolgeva nella mattinata di sabato, poi le autorità vescovili hanno creduto di mettere un po’ d’ordine, riportandola nei canoni dettati dalla liturgia.
I ricordi vanno sul personale, a quando, ragazzi, di primo mattino si andava alla chiesa dell’Arciconfraternita del SS.mo Nome di Maria, a Pizzo meglio conosciuta come chiesa di San Sebastiano, da dove ha inizio il corteo, per assicurarsi una delle statue che vengono portate in processione per la città: Gesù nell’orto degli ulivi, Gesù legato alla colonna, Gesù con la canna, Gesù che porta la croce, Gesù sul Calvario con Maria e la Maddalena ai piedi della croce, Gesù morto nella bara (portato dai fedeli in giacca e cravatta nera con in testa la corona di spine) e di san Giovanni. Portare Gesù in spalla in processione significava essere diventati “grandi”, e questo era il momento per dimostrarlo.
I più piccoli, invece, si contendevano le stanghe, ossia gli appoggi per quando la processione fa una breve sosta e i portantini riprendono un po’ di fiato.
Ma l’onore più grande per ogni pizzitano era quello di portare in processione l’Addolorata in divisa da marinaio. Quante telefonate e telegrammi da parte del presidente Fragalà (che si era assunto l’incombenza) ai comandi militari d’appartenenza dei ragazzi, perché venisse loro concessa la licenza ed essere così presente ai riti pasquali! Era questa quasi una forma d’iniziazione, il passaggio dei giovani all’età adulta. Oggi, cessato l’obbligo del servizio militare di leva, la Madonna viene portata dai militari di Marina di carriera, ma nel numero non possono mai eguagliare quelle cifre.
E poi i piccoli, vestiti da serafini, da paggetti, da madonnine, da san Gianni, d’addoloratine, da pretini e tutte le confraternite al seguito con i loro paramenti di colore diverso a seconda dell’appartenenza, con a capo il priore con medaglione e bastone con manico d’argento. E la banda che suona le arie della passione e la partecipazione della gente; tutta la popolazione in un legame di fede, tradizioni e di appartenenza alla comunità.
Con l’augurio che nel 2022 possiamo ritornare alla normalità, una mia sentita composizione in vernacolo, a devozione della madre di Gesù.
‘A PASSIONI DI MARIA
(di Rocco Greco)
Maria, l’Addolaràta, lu Figghju duci
Comu ‘nu latru ngiù nchjovàru a’ cruci
Cruci chi sî pô mundu ardenda luci
Ndo cori di Maria ardendi vrači.
Di vènnari ‘e tri spiràu u Signuri
Tremau ‘a Terra e si scuràu u suli
Tremau ‘a Terra pe’ lu gran doluri,
Nocendi crucifissu, Figghju d’amuri!
Si l’abbrazzàu Maria l’Emmanuele
Di la Pietà depostu a li soi pedi
La Vergini agghjuttìu l’amaru feli,
Setti furu li spati chi la feri!
Trenda d’argendu furu li dinari
Chi ebbi pe’ cumbenzu u tradituri
Pe’ mu si vindi a Nostru Signuri,
Ver’omu e veru Dio, Redendori!
Tandu l’Ecce Homu vinni pagatu
Quandu valìa ‘nu schiavu a lu mercatu
Trenda moneti e Cristu fu vindùtu
‘Nu vasu pe’ signali e cunzignatu!
Dopu tri jorna risorgìu di mortu
Doppu quaranda ngelu fu assurtu!
Maria senza peccatu e senza tortu
Mbaradìsu sagghju spiritu e corpu!
Si l’abbrazzàu Maria lu Figghju duci
A’ lu Calvariu mortu, supr’â cruci!
Si l’abbrazzàu Maria lu Figghju duci
Pe’ li peccati nostri misu ‘ngruci!