Fiscalità, Trattamento di fine mandato: cosa c’è da sapere
L’Agenzia delle Entrate ha recentemente trattato il tema delle conseguenze fiscali derivanti dalla rinuncia, da parte degli amministratori, di questa forma di remunerazione aggiuntiva
Il Trattamento di fine mandato (o più brevemente Tfm) è una forma di remunerazione aggiuntiva rispetto al compenso ordinariamente erogato agli amministratori e percepita alla cessazione del proprio mandato; viene regolato dalla volontà delle parti (società e amministratore) e deve essere determinato secondo criteri di ragionevolezza e congruità rispetto alla realtà economica dell’impresa.
Da un punto di vista fiscale spesso si evidenzia una discrasia temporale tra il momento in cui viene tassato in capo all’amministratore per il quale, costituendo reddito assimilato a lavoro dipendente, avviene secondo il criterio di cassa e il momento di tassazione per la società laddove vale invece il criterio di competenza ai sensi dell’art. 105 comma 4 del Tuir.
L’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 124/E del 13 ottobre 2017 tratta il tema delle conseguenze fiscali derivanti dalla rinuncia, da parte degli amministratori, del Tfm a questi spettante. L’agenzia, nella risoluzione, esprime innanzitutto la necessità che tale indennità risulti da un atto con data certa antecedente l’inizio del rapporto, altrimenti, la deduzione del relativo costo, avverrà nell’anno di effettiva erogazione dell’indennità medesima e non sarà possibile dedurre l’accantonamento per competenza.
Poi, nella stessa risoluzione, l’Agenzia delle Entrate si sofferma sul caso di rinuncia del Tfm da parte dell’amministratore, precisando, che il trattamento fiscale della rinuncia, deve essere differenziato a seconda che l’amministratore che ha rinunciato al Tfm sia o meno socio della società: nel primo caso, si è in presenza di crediti per il Tfm dovuto a persone fisiche non esercenti un’attività di impresa e, pertanto, non vi è alcuna differenza tra il valore fiscale dei crediti rinunciati e il loro valore nominale e, di conseguenza, la società partecipata non dovrà pertanto tassare alcuna sopravvenienza attiva; nel secondo caso (amministratore non socio), la società dovrà tassare la sopravvenienza attiva, nei limiti degli accantonamenti, derivante dalla rinuncia al Tfm.
*Rubrica a cura dell’Associazione Giovani consulenti del Lavoro Vibo Valentia