La pioggia e le colpe, dopo l’ennesimo disastro non parlateci di fatalità
La devastazione causata dall’ultima ondata di maltempo mette ancora una volta a nudo le responsabilità della classe politico-amministrativa: dalla mancata manutenzione all’ipocrisia di sentirsi assolti
Effettuata la necessaria messa in sicurezza è tempo di porsi degli interrogativi precisi. Messi da parte badili e carriole, riposte le ruspe nelle autorimesse, non ci si può più sottrarre alle proprie responsabilità.
La conta dei danni è ormai uno stanco rituale. Una prassi ragionieristica che si ripete puntuale ad ogni “day after”. Danni ingenti si dirà, ancora una volta. Per svariati milioni di euro. Imprese in ginocchio, strade cancellate. Bene, e poi? Poi assisteremo – e già stiamo assistendo – alla solita sequela di buone intenzioni. Di amministratori che chiedono lo stato di calamità, di politici che invocano piani straordinari. Il tutto destinato ad affievolirsi nel breve volgere di qualche giorno. Fino alla prossima alluvione, fino alle prossime “intense precipitazioni” che laveranno via il velo dell’ipocrisia e sbricioleranno un’altra parte di territorio. Bene che vada. [Continua]
Fango, acqua e detriti sulle strade di diversi centri del Vibonese – Video/Foto
Nessuno, come sempre, se ne sentirà responsabile. Lo vediamo da anni a Vibo Valentia. Lo vediamo – e lo scriviamo – quando documentiamo il saccheggio del territorio: dai piccoli abusi edilizi alle grandi incompiute che hanno lasciato laceranti ferite sul terreno, rimpinguando le tasche di imprenditori senza scrupoli e di funzionari e politici corrotti.
Pioggia torrenziale nel Vibonese, ingenti danni dall’entroterra alla costa – Video
Lo vediamo registrando gli innumerevoli reati ambientali, quando si usano i fossi come discariche e si abbattono indiscriminatamente ampi lembi di vegetazione. Lo scriviamo e lo facciamo vedere quando documentiamo i cigli delle strade provinciali sommersi dalla vegetazione, le cunette ricettacolo di spazzatura, i corsi d’acqua che non conoscono da anni e anni la benché minima cura.
Certo, il clima è cambiato. Le precipitazioni sono divenute più intense e concentrate su aree molto circoscritte. Certo, il territorio è orograficamente fragile, strutturalmente debole. Ma la devastazione è un’altra cosa. Essa è figlia del carente, a tratti inesistente, sistema di regimentazione delle acque; di un eccessivo e scriteriato consumo di suolo che riduce la capacità di assorbimento del terreno; dell’assenza dell’ordinaria manutenzione al sistema di deflusso delle acque. In una parola, la devastazione è figlia delle inefficienze che fanno esclusivamente capo agli enti e alle persone che sono chiamati a tutelare il territorio.
Maltempo nel Vibonese, piazzale dello stabilimento Callipo invaso da fango e detriti – Foto/Video
E su questo nessuno può e deve ritenersi assolto: dallo Stato centrale che tagliando i fondi agli enti locali ha sottratto risorse decisive nella mitigazione del rischio idrogeologico; alla Regione Calabria e agli enti funzionali il cui ruolo non incide come potrebbe e per come ci si aspetterebbe; alla Provincia di Vibo Valentia che negli anni ha allegramente sperperato risorse in pratiche clientelari trascurando la vera emergenza del territorio; ai Comuni, quello del capoluogo in primis, che continua a ripetere che tutto va bene mentre alla Marina e a Bivona – e a Porto Salvo e a Longobardi – ad ogni goccia di pioggia si sgranano i rosari. Fino a tutti coloro che dall’alto dei loro ruoli di responsabilità preferiscono girarsi dall’altra parte, incrociando le dita nella speranza che non ci scappi il morto e che non incorrano in qualche denuncia penale. Per il resto, tanto, poi si vedrà.
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Bene, anzi male. Malissimo. Smettetela di parlare di fatalità, di circostanze imprevedibili ed eccezionali. Non ci crede più nessuno. Non offendete l’intelligenza di chi vi ha eletto, concedendovi il ruolo di decisori e regalandovi un’illusione di prestigio. Mettete una mano sulla coscienza e un’altra sui progetti, senza se e senza ma. Date quelle risposte che si attendono da anni prima che siano nuove morti – speriamo mai – e la Storia a presentarvi il conto.
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