Ma tu ‘u sai cu su a genti?
Commentano sulle pagine Facebook i presunti parenti dei 4 teppistelli vibonesi che hanno brutalmente aggredito i loro coetanei. Minimizzano, magari giustificano. E lo fanno senza vergogna.
di Angelo De Luca
Scrivono nei commenti alcuni presunti parenti dei 4 ragazzi che l’altra notte hanno menato altri 4 ragazzi a Vibo Marina: “Dovete scrivere la cose giuste non le cose che vi inventate”. E ancora: “Sti giornalisti di nu pilu fannu nu travu”. Infine: “Non vale la pena rispondere tanto sanno già tutti com’è andata. Sono tutti giudici e per loro sono già colpevoli”. Fermo restando la libertà di espressione e la presunzione d’innocenza fino a terzo grado di giudizio, in certi casi è decisamente opportuno non commentare certi fatti. Specie se sei parente non della vittima, ma del presunto carnefice. La storiella del “u fijju mio è bravu” e “ma tu u sai cu su a genti” ormai la sappiamo tutti. E a Vibo Valentia ha pure stancato, perché di certi teppistelli di quartiere, senza arte ne parte, non se ne può davvero. E’ vero, a volte i giornalisti esagerano a pompare le notizie, ma in questo caso i verbali della questura parlano chiaro: “con inaudita violenza, li aggredivano e li picchiavano”.
Inseguiti, picchiati selvaggiamente e poi derubati, a Vibo Marina scatta la legge del branco
Adesso non staremo qui a rimarcare tutto quello che c’è scritto dopo, perché il gesto della violenza nei confronti di altri ragazzi è sufficiente per scrivere 200 articoli. E non staremo qui nemmeno a rimarcare i casellari giudiziari di alcuni dei presunti aggressori, già sulla “buona” strada nonostante i 20 anni. E non staremo nemmeno a sottolineare il commento del questore di Vibo che ha detto come tra parenti dei fermati e gli stessi, durante il fermo c’era aria quasi di giubilo, tipo che c’è da festeggiare per il salto di qualità.
Ecco, nessuno scriverà una riga sui comportamenti di certa gente semplicemente perché certa gente non merita la nostra attenzione. Non in forma diversa dal mero articolo di cronaca nera, s’intende.
Però una cosa è giusta dirla e ribadirla: voi non siete nessuno, a maggior ragione perché anziché tacere difendete – per usare un termine leggero – l’insano comportamento dei vostri presunti parenti. Non siete nessuno perché nessuno ha il diritto di inseguire, derubare e aggredire con inaudita violenza ragazzi al pari dei vostri figli. E la colpa è soprattutto vostra, si. E’ vostra perché anziché tacere (e in privato rieducare i vostri figli e magari dopo sbattervi la testa al muro dalla vergogna di aver sbagliato tutto) ancora state lì a difendere e a tentare di minimizzare l’accaduto.
I vostri presunti parenti saranno innocenti fino a prova contraria e fino al terzo di giudizio, è vero. Ma voi siete colpevoli. Senz’appello.