E la pioggia cade sul grande “sacco” del territorio
Alla base agli annosi problemi che Vibo Marina e Bivona vivono ogni qualvolta piove più del solito vi sono precise responsabilità di ordine politico. E se non si cambia passo le tragedie sono destinate a ripetersi.
Ogni qualvolta piova un po’ più del solito, Vibo Marina e Bivona vanno in tilt e naturalmente si scatena il putiferio di insulti, commenti, proteste, chiacchiere, giustificazioni… ripiombando infine, asciugate le strade, in un nulla di fatto per ritrovarsi poi all’alluvione successiva.
Da anni, ogni pioggia allaga la strada antistante la scuola elementare De Maria, si favoleggia di una pompa di sollevamento, ma a volte pare sia stata sottratta, a volte viene detto che non funziona, spesso che è insufficiente. Più che pompa di sollevamento si è trasformata in pompa funebre della gestione del territorio, la Caporetto di ogni amministrazione, l’eterna incompiuta, la certezza nefasta che ad ogni pioggia per chi è pratico della zona lì è necessario transitare in barca.
Meno male che l’ironia e l’humor suppliscono alle deficienze delle varie amministrazioni succedutesi: i bambini delle elementari sono diventati honoris causa studenti dell’Istituto Nautico. Ridiamo per non piangere, non ci rimane altro. Ma il plesso De Maria non è l’unico pericolo durante le piogge.
A Bivona il torrente Tomarchiello ha tracimato per l’ennesima volta, ad occhio e croce, nonostante qualche lavoro, il problema non è stato risolto definitivamente. Viene da chiedersi una cosa: ma come mai si è costruito a ridosso del letto del torrente nonostante vigano leggi precise in materia che prevedono una distanza di 10 metri dalle sponde? Lo stabilisce l’articolo 96 del Regio Decreto 25 luglio 1904, n. 523, il Testo unico sulle acque pubbliche infatti prevede l’inedificabilità nella fascia di rispetto dei corsi d’acqua, ma si tratta di inedificabilità assoluta oppure esistono le condizioni per la deroga a tale norma? Il Regio Decreto prevede una distanza minima di 10 m dai fiumi per edificazioni. La successiva Legge 36/1994, detta Legge Galli, ha stabilito che tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche, così che i 10 m li devi osservare da tutti i corsi d’acqua. Il Regio Decreto è in vigore, la Legge Galli è stata in parte modificata dal Decreto Legislativo 152 del 2006 tuttavia quei vincoli comunque rimangono, a maggior rigore, i nostri sono definiti corsi d’acqua quindi acque pubbliche, perché hanno una portata costante tutto l’anno o meglio hanno una portata di almeno 10 litri al secondo che li fanno classificare come corsi d’acqua.
I torrenti sono quei tratti di fiume posti nella parte alta del bacino, ed il Tomarchiello è un corso d’acqua piccolo, infatti non supera i 7 chilometri, ma che attraversa un territorio morfologicamente con molta pendenza, e questo accelera i fenomeni di trasporto delle acque, ergo a rigore di logica e di legge non può essere ristretto, strozzato o incanalato, quindi se anche le case fossero state autorizzate è stato uno sbaglio, un grande sbaglio perché non si è tenuto conto delle variabilità della portata del corso d’acque, questi corsi d’acqua infatti hanno bisogno di ampi letti, esondando vanno poi a riprendersi quanto hanno sempre avuto, la natura si riprende ciò che è suo, chiesa, casa o campo sportivo costruitoci sopra.
Chissà chi è stato a concedere la concessione, siamo negli anni ’70-‘80 gli anni del grande sacco di Vibo Marina e Bivona, oggi paghiamo scelte sbagliate e scellerate, superficiali. Non siamo di fronte ad un abuso edilizio, sia chiaro, in quanto siamo in presenza di regolari concessioni edilizie, tuttavia non si doveva costruire a ridosso del Tomarchiello come non si doveva costruire a ridosso di tutti gli altri corsi d’acqua.
Come sempre sono scelte politiche, come si decida usare il territorio, certamente si comprende che se ad un costruttore limiti la cubatura e la superficie da erigere, guadagna di meno. Con tutti gli esperti ed i tecnici, è paradossale si siano compiuti simili “errori” che hanno devastato il territorio.
Antonio Cederna, grande architetto ed urbanista in un suo libro affermava che «in Italia abbiamo i vandali in casa e – purtroppo – sono coloro i quali decidono il futuro del paese», come dargli torto. Se non si fanno scelte radicali ed anche impopolari per rimettere a posto il territorio, saremo destinati a pagare un prezzo altissimo in termini di comunità e vite umane, non possiamo contare sempre sul fattore fortuna o su “a bona e Diu”, sarà inutile poi fare le porte in ferro dopo che hanno rubato a Santa Chiara!