Vibo, rimborsi-carburante ai consiglieri comunali mentre la città affonda
Per ora già in otto hanno chiesto indietro i soldi o si apprestano a farlo. Ma la Corte dei Conti dice che l’istanza è legittima soltanto se non c’è trasporto pubblico
Tutto giusto, tutto legittimo. Ma suona davvero male sentir parlare di rimborsi per spese di viaggio a favore dei consiglieri comunali di Vibo Valentia, ente in dissesto che ha più buche sulle strade che euro in cassa. Eppure, 2.613 euro e 84 centesimi per pagare la benzina consumata dai rappresentanti del popolo Antonino Roschetti (Pd – 1.625,04 euro) e Filippo Lo Schiavo (Liberali per Vibo – 988,80 euro), sono stati trovati. Le somme liquidate con tanto di determina fresca di stampa del segretario generale Michele Fratino, però, sono soltanto una parte dei rimborsi che l’ente si appresta ad erogare.
In fila, a quanto risulta, ci sono per ora anche Angelo Palamara e Francescantonio Tedesco (Vibo Unica), Giuseppina Colloca e Ivan Servelli (Liberali per Vibo), Giuseppe Cutrullà (Partito democratico) e Antonio Schiavello (Territorio e libertà). Ora, al di là dei nomi dei partiti, che solo a leggerli uno si confonde per la libertà, la forza, la democrazia e la vibitudine che dovrebbero esprimere, è un fatto che tra maggioranza e opposizione pare che non ci sia tanta differenza quando si tratta di battere cassa.
Dice sì, ma la legge è questa. In effetti è questa. Ma i tempi, a Vibo, sono quelli che sono. E mentre l’economia italiana faticosamente si rialza e riprende lentamente a camminare, nella nostra provincia siamo ancora a terra con tutte le ruote. Le imprese continuano a fallire, i negozi continuano a chiudere, le strade continuano a svuotarsi. “Non ci sono soldi” è il mantra che chiunque si sente ripetere se, in un impeto di ottimismo, azzarda la richiesta di un contributo per l’organizzazione di un’iniziativa pubblica. Eppure, i soldi per rimborsare il carburante ai consiglieri si trovano. Spesa a quanto pare indispensabile, per consentire “agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo Ente – recita l’articolo 84, comma 3, del Tuel – lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate”.
Lapalissiano. Se non fosse che la Corte dei Conti, chiamata più volte a confrontarsi con questa tematica, non avesse fatto una precisazione che ai più può sembrare marginale, ma non lo è affatto. Chiamata nel 2016 a dare un’interpretazione corretta della normativa in vigore, i giudici contabili hanno sentenziato: «Ai fini del rimborso delle spese di cui all’art. 84, comma 3, del d.lgs. n. 267/2000, l’uso del mezzo di trasporto personale è da ritenersi “necessitato” soltanto quando ne sia accertata la convenienza economica nei casi in cui il servizio di trasporto pubblico manchi del tutto o non sia idoneo a consentire l’agevole ed utile svolgimento della funzione».
In altre parole, cari consiglieri, prendete l’autobus e vi rimborseremo volentieri il biglietto. E se gli autobus non ci sono o non ce ne sono abbastanza, vuol dire che le cose proprio non funzionano e dunque non c’è alcuna ragione di continuare ad andare in Comune a scaldare la poltrona.