I giustizieri di “mamma” Provincia
Domani mattina per la strade di Vibo Valentia sfileranno politici e sindacalisti per scongiurare la chiusura della Prefettura. Ma il territorio, da quando è divenuto Provincia, ha prodotto solo macerie, povertà, disoccupazione. Difendere l'indifendibile oggi è impossibile. Alea acta est.
Antonino Murmura è considerato da tutti il padre della Provincia di Vibo Valentia. Un sogno coltivato da sempre: dare alla sua città natale l’importanza politica che merita. Del resto, al di là del numero di abitanti, la vecchia Monteleone è territorio di tutto rispetto, sia storicamente che turisticamente. E poco importa che lo stesso senatore, buonanima, abbia contribuito – grazie alla famosa e dimenticata legge omonima detta appunto “Murmura” – ad affossare già Vibo Marina con la sdemanializzazione dell’area Pennello, che altro non era che una legittimazione dell’abusivismo.
Era il 1973, altri tempi. 23 anni dopo la storia è pronta per essere riscritta. Tra applausi, nuovi stimoli e imminenti futuri radiosi il nuovo ente intermedio si appresta ad aprire i battenti. E’ il 1995.
Antonino Murmura vorrebbe esserne di diritto il nuovo presidente. Lo desidera perché si sente artefice di quella creazione. Cederà, fatto fuori da accordi anti-Murmuriani con protagonisti due personaggi politici come Pietro Giamborino e Gaetano Ottavio Bruni, che da li a poco, soprattutto nel secondo caso, diventeranno il riferimento principale. Il senatore appoggerà assieme all’amico Romano Carratelli, seppur da dietro le quinte, il candidato di centro-destra Valerio Grillo. Perdendo clamorosamente.
Il primo presidente sarà Enzo Romeo, che guiderà – a sorpresa – una coalizione di centro-sinistra, seppur con spirito profondamente democristiano. Una sinistra che diverrà con gli anni sempre più sinistra. E non solo politicamente. Appena il tempo di capire come potesse funzionare la nuova macchina amministrativa, per gli inquilini di palazzo “Ex Enel” l’occasione si presenterà utile per intessere fitte trame di interessi multitrasverali. L’essere divenuti più autonomi, del resto, darà all’intero territorio la possibilità di poter aprire diversi presidi. Non solo Prefettura e organismi di Stato, ma anche e soprattutto sedi di partito più importanti, sedi sindacali più importanti, aziende sanitarie più importanti. Insomma, un ricco piatto dove poter mettere mani, maneggiare… contare.
Il mandato Romeo scivola via senza troppi sussulti, sotto lo slogan da premio nobel per il marketing “ViVi la provincia di Vibo Valentia”, ma con qualche sospetto: la sua giunta cadrà dopo appena 3 anni. L’ombra di Gaetano Ottavio Bruni inizierà a diventare pesante. Ingombrante.
E infatti dopo Romeo, Gaetano Ottavio Bruni esce allo scoperto. Si presenta e vince. Anzi, stravince. Che Bruni fosse, come scritto da “il Foglio” in un articolo del 2006, “una macchina da guerra elettorale che da solo vale il 62 per cento dei voti in provincia di Vibo Valentia”, del resto, è un fatto noto a chiunque. In quel periodo è inarrestabile. Invincibile. Una continua capillarizzazione del territorio, uomini di fiducia in ogni buco, un controllo maniacale che poteva passare dalla cena al ristorante stellato, al pagliaio di campagna con pecorino e fave. La politica totale, la politica dell’entrismo. Assunzioni scellerate di ogni genere e tipo, poltronifici e parcheggi per “trombati” elettorali. Chiunque con Bruni ha avuto qualcosa. La Provincia di Vibo Valentia arriverà ad avere alla sua mercè una serie infinita di dipendenti, alcuni dei quali senza una mansione precisa. E’ il decennio (9 anni, per la precisione) che segna definitivamente la morte della “giovine” Provincia. L’inizio di un declino costante dell’intero territorio.
Che imploderà definitivamente con Francesco De Nisi, il “traditore”, il “muto”. Traditore perché appena eletto presidente tradisce il patto con il suo mentore Bruni, che tanto aveva spinto su quel nome per cercare una continuità politica indispensabile; Muto perché in una riunione di qualche anno f,a in un hotel vibonese, lo stesso Bruni, passato nuovamente alla casa madre dell’Udc, aveva così appellato il suo acerrimo nemico.
C’è di più. Nell’era De Nisi il terremoto, il definitivo colpo di grazia, arriva sia con la dichiarazione del dissesto finanziario, che di fatto certifica nero su bianco la voragine economica accumulata negli anni, sia con la caduta della giunta che proprio sull’approvazione del bilancio non trova i voti per poter continuare. Subentra così un commissario straordinario, Mario Ciclosi, che subito dichiara: “Per escludere sin da ora l’ipotesi di dissesto finanziario dell’ente dovrei avere capacità divinatorie”. E siccome Ciclosi non è Gesù Cristo, il fallimento definitivo arriverà a breve. Con tutta una serie di problematiche a corredo, tra le quali spiccherà senza dubbio la questione dei dipendenti senza stipendio. Si scoprirà, così, che l’esubero sarà di decine, forse centinaia, di unità in più.
Oggi, nel mentre stava per iniziare una nuova era, il “decreto legge Delrio” ha inteso mettere l’accento proprio sul riordino di alcuni enti. Per quanto riguarda le Province, le stesse al di sotto di un numero di abitanti verranno soppresse o accorpate o comunque depotenziate, così come tutti i presidi strettamente correlate allo status politico-giuridico ad esse. Prefetture in primis, ma anche e soprattutto apparati politici e para-parapolitici, che in fondo, a volerle valutare per merito, non sarebbero rimpiante da nessuno, eccetto che dai diretti interessati.
Domani a Vibo Valentia sfileranno contro il “no” alla chiusura dell’Utg di corso Vittorio Emanuele. Una parata, quasi sicuramente, spacciata per amore verso il territorio. La gente comune, c’è da scommettere, non parteciperà e non risponderà all’appello delle forze politiche e delle sigle sindacali. E forse avranno ragione, perché non si può difendere l’indifendibile. Non si può difendere qualcosa che non è mai nato. O per lo meno molti non vorranno rendersi complici di quei tanti personaggi che in qualche maniera e in qualche misura possono essere considerati i corresponsabili della morte prematura di un intero territorio. La storia è questa, statistiche alla mano. Magari fossero solo opinioni.