Tessere e veleni, Michele Mirabello replica e rilancia
Il consigliere regionale precisa i “fatti di Capistrano” e al contempo avvisa: «Nessuno si erga a moralizzatore perché di argomenti, e seri, ne abbiamo anche noi».
Aveva scelto di tenere un profilo basso, per non alimentare polemiche «strumentali» messe in piedi nel tentativo di «inquinare una competizione che ci vede comunque vincenti, semplicemente perché i numeri sono dalla nostra parte». Il consigliere regionale Michele Mirabello, segretario provinciale dimissionario del Partito democratico vibonese, ostenta serenità in merito al turbinio di accuse che l’hanno interessato negli ultimi giorni, quando, insieme al suo principale riferimento politico, il deputato Bruno Censore, è stato indicato come manovratore di un tesseramento “parallelo” a beneficio dei soli circoli “fedeli alla linea” della loro stessa corrente.
«Se ho deciso adesso di replicare – spiega in altre parole – è perché me lo chiede la mia storia personale e politica e una credibilità conquistata sul campo». Oggetto della precisazione è il “caso Capistrano”, «cosi come pomposamente ed impropriamente è stato definito». Vicenda che, come si ricorderà, riguarda l’apertura di un circolo che lo stesso Mirabello, secondo quanto denunciato da Ernesto De Piano, querelato dallo stesso Mirabello, avrebbe ostacolato perché ostile alla sua corrente.
Mirabello di dice «sbalordito che nell’ambito di una polemica imbastita sul nulla, si sia addirittura arrivati all’illegittima, e mai autorizzata, pubblicazione della trascrizione di una conversazione privata che ho intrattenuto circa un anno fa con soggetto a me sconosciuto ora come allora».
Al di là di altre valutazioni, evidenzia il consigliere regionale, «proprio il contenuto di ciò che ho dichiarato privatamente a soggetto successivamente ed impropriamente autoproclamatosi sine titulo “referente” del Pd, dimostra la mia assoluta linearità e serietà. D’altra parte l’apertura d’un circolo territoriale del Pd soggiace fino a prova del contrario a norme statutarie e regolamentari ben precise».
Questo per segnalare, infine, «che in una comunità si entra con rispetto e serietà, e che le scelte su tempi e modalità vengono stabilite da regole statutarie che mi pare non prevedano ad oggi episodici contatti telefonici, anche se captati, sbobinati ed utilizzati in mala fede alla bisogna».
Le precisazioni di Mirabello aggiungono dunque un contributo ad un dibattito che prosegue serrato e che vedono ormai la controparte dell’area “denisiana” ancor più sul piede di guerra e impegnata nel tentativo di creare un “caso Vibo” in seno al livello nazionale del partito, mettendo in discussione lo svolgimento del congresso provinciale alle attuali condizioni. Tentativi sui quali per ora Mirabello non si pronuncia esplicitamente anche se al cronista, premettendo di «avere a cuore le sole sorti del partito», si lascia sfuggire: «nessuno si erga a moralizzatore perché nessuno è esente da colpe, anzi. Se volessi davvero avvelenare il clima di argomenti ne avrei anch’io e le assicuro che sono ben più gravi delle accuse che ci vengono rivolte».
s. m.