lunedì,Dicembre 23 2024

Comune Vibo, il “tradimento” della prima votazione sul presidente

IL RETROSCENA | Nel primo scrutinio qualcuno della maggioranza ha “boicottato” il mandato ricevuto di votare in maniera compatta per Rino Putrino

Comune Vibo, il “tradimento” della prima votazione sul presidente
La maggioranza consiliare di Vibo Valentia, in prima fila al centro Lorenza Scrugli

Grazie allo zampino di un consigliere d’opposizione, l’elezione del presidente del consiglio comunale di Vibo Valentia è andata in porto alla seconda votazione, con la proclamazione del consigliere di Forza Italia Rino Putrino. Ma il responso della prima votazione non è passato inosservato, perché quei 19 voti per Putrino erano tre in meno dei 22 espressi dopo. Che tradotto significa che qualcuno, nella stessa maggioranza, non ha eseguito il mandato ricevuto. Difficile non dare una lettura politica di quel voto, un “messaggio” che alcuni consiglieri, probabilmente dello stesso gruppo, hanno voluto mandare all’indirizzo del resto della maggioranza, in particolare del gruppo che ha la leadership nel civico consesso, Forza Italia. Per ovviare al momentaneo “tradimento”, la maggioranza ha reso di fatto riconoscibili le preferenze grazie al giochetto dell’indicazione di nome e cognome o cognome e nome o iniziali e così via. All’elezione di Putrino si sarebbe arrivati comunque, specie dopo la scelta delle opposizioni di rimanere in aula garantendo così il numero legale, fondamentale qualora si fosse abbassato il quorum previsto dalla quarta votazione in poi, quando sarebbe bastata la maggioranza semplice.

Nel corso del suo intervento d’esordio Putrino ha garantito «massima rappresentanza» a tutte le forze politiche di Palazzo Luigi Razza, richiamandosi ai principi di «legalità» e «trasparenza» orientati «al bene comune» di una città della quale si è detto «profondamente innamorato». Alla fine sia il Partito democratico che il Movimento 5 Stelle hanno deciso di stare in aula non prima di avere però chiesto (invano) l’inversione del punto all’ordine del giorno. Il ragionamento di Domenico Santoro (capogruppo M5S) era semplice: discutiamo interrogazioni e ordini del giorno, dimostrateci collaborazione, e noi vi garantiamo la presenza. Un «baratto» – come è stato definito, e poi ritrattato, ma di quello si trattava – non accettato dal resto della maggioranza. Che alla fine è comunque rimasta al suo posto per iniziare la discussione affrontando, tra gli altri punti, quello delle strisce blu e la riduzione della Tari.

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