Regionali, Consoli: «Sanità e lavoro per risollevare la Calabria»
INTERVISTA | Il candidato della lista di Pippo Callipo illustra le sue idee: «Portiamo avanti il progetto “Calabria Silicon Valley” e curiamo una sanità malata»
La sanità resta il suo pallino, per una deformazione professionale che ha tramutato in impegno politico. Su questo tema e su quello del lavoro, Domenico Consoli sta incentrando la sua campagna elettorale. Il neurologo vibonese, candidato nella lista “Io resto in Calabria” al fianco di Pippo Callipo per le prossime regionali, nel corso di un incontro pubblico insieme all’aspirante governatore snocciola alcuni numeri allarmanti per la regione. Ma illustra anche le possibili soluzioni.
Consoli, che contributo pensa di poter offrire al centrosinistra e ai calabresi?
«Gli elettori conoscono la mia storia e la mia professione. Io oggi voglio trasferire il mio impegno in termini politici, di proposta nel mondo sanitario. La Calabria vive una realtà triste, tragica, che manca di gestione della sanità, del governo clinico. Il management strategico è rimasto alla politica mentre l’ordinario nelle mani dei direttori generali. C’è bisogno di una rivoluzione per tornare alla normalità. È strano che nessuno parli di sanità, considerando anche che il bilancio della Regione è di 7 miliardi e circa la metà è destinato proprio a questo comparto. Al di là di alcune condizioni di eccellenza, siamo di fronte ad una minore qualità assistenziale rispetto al passato. Eppure il debito sanitario è addirittura incrementato, attestandosi a 143 milioni di euro nel 2019».
Altro tema fondamentale è il lavoro. Quali sono le vostre ricette?
«Il lavoro è una condizione fondamentale, noi abbiamo perso almeno 150mila unità abitative negli ultimi 20 anni, abbiamo perso un numero considerevole di giovani in fuga, che non sono quelli con la valigia di cartone: vanno via i cervelli che dovremmo fare di tutto per tenere in Calabria. E lo si può fare intanto partendo dalla Zes, creando una condizione privilegiata per le aziende che vogliono investire. Poi bisogna abbattere la quota regionale Irpef, e creare un credito d’imposta a vantaggio delle aziende che investono e assumono. Il faro, su questo tema, resta il progetto Calabria Silicon Valley del professore Nisticò, che io ho sposato e intendo portare avanti. Un progetto col quale mettere in rete le eccellenze, e con fondi destinati alla ricerca implementarne il numero e trattenere i laureati di valore, impiegandoli nella ricerca e sostenendoli con fondi europei, a quota zero».
In un ambiente a forte condizionamento mafioso in che modo deve districarsi un candidato?
«Bisogna ripartire dalle regole, dalla cultura che libererà la Calabria, che vuol dire indipendenza decisionale, cultura vuol dire capacità di aderire a comportamenti precodificati per il rispetto delle regole. La gestione deve essere finalizzata erga omnes, con una serie di azioni cristalline e trasparenti, e universalmente vocate al bene generale. Il politico deve essere l’interprete massimo del livello etico e morale. Se noi viviamo questo contesto, nella indipendenza del rapporto tra consenso e proposta, tra storie dei candidati e consenso libero esercitato tramite la stima dei cittadini, allora riporteremo nella giusta collocazione il momento alto della politica».
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